È festa in Irpinia. Una festa sognata per tanto tempo, da quelll'ormai lontano dicembre 2010 che vide la sospensione della linea ferroviaria Avellino Ponte Santa Venere/Rocchetta, la storica ferrovia voluta da Francesco De Sanctis alla fine dell'800. È festa ed è giusto che sia così, poi ci sarà il tempo delle rilfessioni, delle polemiche, del rimboccarsi le maniche per dare un futuro a questa storica linea turistica che potrebbe essere il volano per l'intero territorio che su di essa gravita e non solo. Non sono mai stato bravo ad analizzare in maniera approfondita determinati fenomeni legati e guidati soprattutto da logiche politiche ed amministrative e non inizierò adesso. È festa, ed alla festa abbiamo partecipato nella giornata di sabato, cercando, nel nostro piccolo, di contribuire. Ho fatto la scelta di non salire sul treno. Quel viaggio l'ho fatto già tante volte, quando il treno Irpino del paesaggio andava a morire ed i suoi vagoni erano desolatamente vuoti ma quella mancanza di viaggiatori ha permesso di percorrere la ferrovia in totale raccoglimento con il paesaggio che lento scorreva dai finestrini. Sono salito su quel convoglio per la prima volta nel settembre del 2009 ed, idealmente, non sono più sceso. Probabilmente è stato proprio quel primo viaggio a farmi innamorare del territorio in cui sono nato già attraversato, fino ad allora, tante volte in Vespa, tante di quelle volte da aver perso il conto, un conto tenuto a malapena dal contachilometri della mia PX che ormai ha superato da poco i 150.000 km, quasi quattro volte il giro del mondo lungo l'equatore, un'unità di misura tirata fuori dal grande Giorgio Bettinelli in uno dei suoi diari di viaggio. È vecchia la mia Vespa, non è storica, è sporca, ammaccata, arrugginita ma la sua anima, il suo spirito sono giovani, splendenti ed entusiasmanti come il primo giorno che si perde nella metà degli anni Ottanta dello scorso secolo. Quindi siamo saliti in sella, io e la mia dolce metà che ancora dopo una vita insieme asseconda il mio strampalato modi di affrontare questa esistenza che viviamo in due (ma ormai in quattro) con amore ed incoscienza, spingendoci e tirandoci a seconda dei periodi. Avevo fatto un appello nei giorni precedenti, cosa mai fatta in vita mia perchè non mi piace provare a convincere le persone a fare delle “cose”, ma stavolta mi sarebbe piaciuto che uno sciame di vespe avesse accompagnato lo sferrragliare del treno lungo il suo tragitto. Ero talmente convinto di questa cosa che circa 15 giorni fa ho percorso un tragitto ideale che passasse il più vicino possibile alla ferrovia, scovando i posti più belli e suggestivi dove fermarsi a scattare qualche fotografia, e ringrazio, di vero cuore, chi si è fidato di me ed ha avuto voglia di seguirmi. Alle 9,00 siamo pronti per metterci in marcia, ma prima un'ottima colazione dal Caporale è d'obbligo perchè stiamo partendo belli “asciutti asciutti” senza nemmeno una bottiglia d'acqua fiduciosi che nell'arco della giornata troveremo il modo per soddisfare l'appetito che prima o poi arriverà e soprattutto per rinfrescare la gola assetata di tutto ciò che sia possibile assaggiare. Intorno alle 9,30 siamo in stazione e chiaramente non c'è un buco che sia uno per parcheggiare ma noi, per quanto piccoli siamo, un anfratto lo troviamo subito e in men che non si dica siamo parte della festa. Subito all'ingresso i volti degli artefici di questa storica giornata tra cui Francesco Celli e Francesco Rodia e tanti amici, tra cui Mario Pagliaro, che non si sono lasciati sfuggire l'occasione di essere presenti anche solo per curiosare sui marciapiedi della stazione gremita di gente. Logicamente c'è il palco delle autorità, con tutta la gerarchia politica che ci si possa immaginare, nessuno escluso visto che tra pochi giorni si vota per le comunali della città capoluogo, e anche per questo motivo eviteremo di fare nomi.... vuoi vedere che qualcuno mi accusi di essere di parte?? La mia (di parte) l'ho fatta, e vedo i ragazzi con le pettorine gialle delle FS distribuire la brochure che accompagnerà i viaggiaotir sul treno e che ho realizzato con tutto l'amore ed entusiasmo che si possa mettere in una cosa che devi fare. Non me ne vogliate se avete trovato degli errori, delle imperfezioni, ma non ci fermiamo qui e la renderemo ancora più bella. Spunta l'ottimo ed egregio ing. Massimo Mancini, amico di una vita, ed anche lui ha fatto il grosso di un lavoro sommerso che probabilmente non conoscerà mai nessuno, professionale e discreto come è sempre stato. Chi invece ha deciso di sobbarcarsi l'intero viaggio A/R con famiglia a seguito è un altro ing. Che risponde al nome di Massimiliano“Doctor” Rogata, con il suo pargolo iperattivo che non vede l'ora di partire. Tanti i bambini, tante le famiglie, tanto l'entusiasmo che riesco a cogliere negli occhi di chi è qui con la voglia di esserci. Saluti di rito, blabla di conseguenza, la parola anche ai vertici delle FS comunque hanno assecondato questa avventura e si va, ma noi abbiamo lasciato la stazione già da qualche minuto con destinazione il ponte sul Sabato ad Atripalda dove il treno farà il primo dei suoi passaggi spettacolari. C'è tanta gente sotto il ponte, qualcuno attrezzato per le foto, altri solo incuriositi da quella strana animazione li sotto in un normale sabato di tarda primavera che si sta trasformando nella giornata più calda di questo primo scorcio di 2018. Il treno è preceduto, nel suo lento incedere, da una serie di fischi che ne annunciano l'arrivo e sbuca dal ponte in curva ad una velocità che rasenta lo zero con il suo carico di passeggeri festanti affacciati dai finestrini anche loro intenti a scattare e riprendere. Parte un applauso spontaneo da parte di tutti i presenti e dagli abitanti della zona affacciati ai balconi che ormai non avevano più la presenza di quel treno che in alcuni punti sembra entrargli nelle case. Subito ci muoviamo in direzione di San Potito per imboccare la vecchia Ofantina passando sotto il ponte di Parolise chiuso al traffico da qualche giorno che costringerà tutti gli irpini ad un bel po' di disagi nei prossimi mesi. Imbocchiamo la SP88 che conduce a Lapio che sfioriamo solamente avendo deciso di fermarci poco lontano dalla stazione di Taurasi e non sotto ponte Principe e incontrando nel punto stabilito gli amici del mio Vespa Club Leoni Rossi di Grottaminarda che hanno raccolto l'invito fatto sul web: Teresa , Nik, Raffaele, Antonio ed altri due amici, che mi perdoneranno, di cui non ricordo i nomi. In quel punto però c'è anche molta altra gente appostata con macchine fotografie per immortalare il momento. Oltre Ponte Principe si vede anche la stazione di Lapio ed è piena di gente in attesa. Il treno arriva facendo un ampia curva e poi perdendosi nella vegetazione prima di fermarsi e, anche se siamo lontani, si sentono distintamente le voci di chi era in attesa e le note dell'inno d'Italia che rieccheggerano un po' in tutte le stazioni. I miei compagni di viaggio vespisti sono tutti belli carichi di allegria ed entusiasmo, così si monta a “Cavallo” e giù fino alla stazione di Taurasi dove c'è talmente tanta confusione che decidiamo di spostarci sotto il ponte della zona industriale di San Mango dove schieriamo le Vespe nell'attesa del passaggio del convoglio che ci saluta fischiando. Di nuovo in moto e via verso Luogosano cazzeggiando e strombazzando come nel più bello dei raduni. Anche qui tanta gente ma noi siamo dall'altra parte della stazione quindi decidiamo di proseguire verso Paternopoli/Castelfranci fermandoci di tanto in tanto vicino alle stracariche piante di ciliegie per farne una scorpacciata (e su una c'era anche la signora che le raccoglieva e che nessuno aveva visto infrattata tra le foglie) per poi scendere a Ponteromito dove si uniscono a noi Santolo eRenata Proseguiamo fino al km 40+595 della ferrovia dove c'è il passaggio a livello/abitazione di Antonio e Annalisa. Ci fermiamo alla sbarra che chiude la strada proprio per permettere il passaggio del treno in sicurezza e restiamo li a chiacchierare con tutta la famiglia nell'attesa della carovana ferroviaria che viene preannunciata dal fischio e dal sollevarsi di una nuvoletta azzurrrina che si solleva ed espande sui binari quasi come la ferrovia volesse scrollarsi di dosso la polvere accumulata da quasi dieci anni di oblìo. Passa il treno, lentamente, salutando e intanto noi, rifocillati e riposati riprendiamo il nostro percorso con l'aggiunta di Carolina che prende posto sulla Vespa di Raffaele. Ora siamo in undici, proprio una bella squadra. Stiamo per imboccare l'Ofantina quando mi ricordo che li, a 300 mt c'è il nostro “Leone” meccanico con la sua iperattrezzata officina e punto vendita di motocicli. Decido che è giusto passare a salutarlo e così ci fermiamo davanti al cancello di Auriemma Motors ed il papà di Gaetano ci apre il cancello che ci permette di sciamare nel parcheggio. Gaetano è li con tutta la famiglia e ci saluta affettuosamente mentre i ragazzi approfittano per dare un occhio in giro e scovare una splendida vespa nera con targa svizzera ferma li davanti che Gaetano ha appena finito di restaurare. Un gioiello unico! Ancora qualche chiacchiera e poi è ora di muoversi, il treno non aspetta più di tanto ed imbocchiamo l'Ofantina fino all'uscita di Nusco. Lungo tutto il tragitto c'è gente appostata in ogni dove ad aspettare il passaggio e questo scandisce anche i tempi della nostra “corsa”: se le persone aspettano il treno non è ancora passato, altriemnti siamo in ritardo e dobbiamo recuperare. Incrociamo le carrozze ancora alla stazione di Campo di Nusco e poi di corsa verso Lioni dove ci sarà una sosta di un paio d'ore. Qui la gente è tantissima, all'esterno della stazione la Coldiretti ha allestito una serie di stand con prodotti tipici del territorio per rifocillare i viaggiatori e noi ne approfittiamo per un ottimo panino con la porchetta. Ancora un po' di girovagare tra le bancarelle e poi decidiamo con Valentinadi recarci al pub li vicino dove finalmente escono fuori delle birre fredde al punto giusto e dove facciamo un attimo il punto della situazione di quanto accaduto fino ad ora. Arriva anche Pietro, su di giri, felice come un pargolo con la sua scatola del trenino elettrico appena ricevuta in regalo ed è una cosa fantastica farsi coinvolgere dal suo entusiasmo contagioso. Sono ormai quasi le 15 e questa sarabanda va avanti da 5 ore e siamo ancora lontani dal traguardo. Si riparte, direzione Conza. Sulle sponde del lago la solita coinvolgente fascinazione ambientale induce a rallentare e godere di quel panorama. Incrociamo le vacche di Ennio, conosciuto nel giro precedente e poco dopo eccolo spuntare nei pressi della sua abitazione. Ci fermiamo a salutarlo e anche lui è contento di vedere un bel gruppo di persone che gli chiede di tutto e di più e non si lascia pregare per qualche foto insieme. Ciao Ennio alla prossima. Si va, ma su un avvallamento un po' più “avvallato” degli altri alla mia vespa si stacca la marmitta dal blocco motore trasformandola in un jet supersonico. Fermata obbligata per porre rimedio al più insulso dei problemi, risolto in pochi minuti anche grazie all'aiuto di Raffaele e di qualche “cavicio” ben assestato per rimettere la marmitta al suo posto che scotta come la lava di un vulcano. Ci infiliamo lungo la stradina più dissestata d'Europa per cogliere il treno in uno dei suoi passaggi più belli ma arriviamo praticamente insieme e sfuma un po' l'effetto panoramico della cosa. Allora si torna indietro ma prima salutiamo Nik, Antonio e gli altri che tornano verso casa. Buona strada ragazzi e grazie della compagnia. Proseguiamo io, Raffaele e Santino con le rispettive “zavorrine” scendendo di nuovo sull'Ofantina e aumentando l'andatura perchè il treno ci è davanti. Cerco di individuare la traversa che conduce alla fermata di San Tommaso del Piano, ultima tappa dove vorrei scattare qualche foto prima di Rocchetta, ma non riesco ad individuala così proseguiamo spediti verso lo svincolo di Rocchetta scalo dove giungiamo insieme al treno che sotto di noi fischia e sferraglia alla grande prima di fermarsi lungo il marciapiede brulicante di gente e con la solita grande banda musicale ad accoglierlo. Tripudio totale, con grandi sorrisi e viaggiatori un po' stravolti, ma l'Avellino/Rocchetta è questa, o la ami o la odi. Anche qui generosa accoglienza con cibi locali e vino, bianco, rosso, tanto, tantissimo, che va giù che è un piacere. Frenesia lungo il convoglio. Si sale, si scende, foto, balli, canti, schiamazzi, qualcuno prova a lamentarsi di qualsiasi cosa ma nessuno gli da ascolto, ripeto o la ami o la odi. Ma è già tempo di andare e quindi di nuovo in assetto di viaggio. Dico a Santino che voglio fare ancora qualche foto e mi avvio per la strada. Ora procediamo proprio affianco al treno salutando Antonio ed altri amici che ci riconoscono dal finestrino, ma ormai la mia Vespa è abbastanza riconoscibile in ogni metro quadrato di questo splendido territorio. Accelero per provare di nuovo a fermarmi alla stazioncina che abbiamo saltato prima e stavolta becco la traversina che conduce fin li ed è stranamente molto animata da.... una sposa che sta organizzando le sue foto in attesa del treno. Siamo solo io e Catia e portiamo il solito scompiglio avvisando i fotografi che il treno sta arrivando e intrufolandoci negli scatti agli sposi come solo noi sappiamo fare. Passato il treno, passata la festa, quindi ancora un po' di fastidio in qualche foto (perdonateci, ma spero ci mettiate nell'album con voi) e poi via, auguri e felicità. Riprendiamo la strada. Gli altri in Vespa ci hanno passati, li ho sentiti mente eravamo in stazione ma non avrebbero mai potuto vederci. Ci ritroviamo alla stazione di servizi nei pressi di Calitri. Per me la caccia al treno è terminata, ora c'è tutta la calma per poter rientrare a casa. Perdiamo ancora qualche minuto a parlare prima di salutare Santino e Renata che con la GTS300 ripartono prima di noi vecchi e lenti PX d'annata (e dannati). Riprendiamo il cammino e lungo le sponde del lago (stavolta sul lato opposto) ancora qualche minuto da dedicare ai paesaggi e alle vacche e pecore che bucolicamente pascolano ignare di questo trambusto che ha attraversato l'Irpinia. Ormai sono passate le 19 e il sole, ancora alto, non da più il calore di qualche ora prima. Ci accorgiamo di essere rossi come dei gamberetti con le nostre belle abbronzature a mezze maniche ma adesso è ora di infilare i giubotti. A Montella anche Raffaele e Carolina ci lasciano e riprendiamo la strada verso casa nella beata solitudine. Di nuovo passaggio per San Potito dove Catia intravede Maria Rosaria con cui ci fermiamo a chiacchierare e che è insieme alla sorella Gina a cui è un piacere stringere la mano di persona dopo tutto quello che ha sofferto. Grande Gina, coraggio e in bocca al lupo!! Ancora qualche chilometro e siamo nel caos della città, gli spazi sconfinati e il silenzio rotto solo dal ronzio dei motori ormai sono lontani. Giungiamo a casa verso le 20,15 e la discesa del garage ha sempre un che di malinconio, ma la giornata è stata fantastica soprattutto grazie all'entusiasmo che tutte le persone che erano in giro, in un modo o nell'altro, hanno messo in campo, creando una sorta di contagio collettivo che spero sia in grado di scuotere dal torpore la popolazione di questi territori, a mio avviso, assopita da troppo tempo. PS. Anche oggi (27 maggio) il treno è in giro, andate a vederlo, e buon viaggio a tutti!!
VESPISTI D'IRPINIA! (e non solo). Nei giorni 26 e 27 maggio 2018 un grande evento interesserà la nostra Provincia. Dopo quasi 8 anni, la storica linea ferroviaria Avellino/Ponte Santa Venere-Rocchetta riapre i battenti con due viaggi effettuati con un convoglio speciale. I biglietti per salire sul treno sono finiti da un pezzo, ma l'idea, cari amici, è quella di seguire il treno sul suo tragitto lungo le strade Provinciali che costeggiano la ferrovia e accompagnare le carrozze fino alla stazione di Rocchetta San'Antonio (Fg). Lungo il tragitto ci sarà modo di scattare delle belle foto e sicuramente qualcuno dal treno potrà fotografare lo "sciame" di Vespe al seguito, quindi se venite colorati, imbandierati, rumorosi come più vi piace sarà certamente ancora più bello. Non fatevi chiamare uno per uno, non c'è tempo, ma sono sicuro che i Vespa club della Provincia non si faranno pregare, ma l'appello vale anche per gli amici pugliesi, quelli lucani e chiunque voglia partecipare a questo momento di grande festa. Vi aspetto, per strada!
É un mese di maggio molto strano. Piovoso, freddo, con venti che soffiano impetuosi dalla mattina alla sera. Ma questa domenica sembra esserci uno spiraglio di tregua. Avevo previsto un altro tipo di viaggio per questo weekend ma poi, per un motivo o per un altro, e anche a causa del maltempo, ho deciso di restare a casa. Per modo di dire... perchè poi, domenica, non ho resistito alla tentazione di girare, per l'ennesima volta, per la Provincia, come una trottola. Una trottola che però sa bene dove andare, a parte gli inevitabili tratti in cui davvero smarrisci la direzione e speri che spunti Sirio o qualche altro “Pino” a fartela ritrovare. Ma non siamo in dicembre, quella è un'altra storia, questa giornata è in solitaria, ma non in solitudine. La strada pullula di gente, di storie, di cose da vedere e cose da fare, se solo hai la voglia di viverla, non di percorrerla. Per questa domenica l'idea è abbastanza semplice. In previsione della riapertura della tratta ferroviaria Avellino/Rocchetta Sant'Antonio il prossimo 26 maggio, ho intenzione di capire quali possono essere i posti più suggestivi dove godersi lo spettacolo della locomotiva a vapore che sferraglia sul binario della storica linea. In verità so perfettamente quali sono, e non è che sia un gran mistero, ma sono convinto che lungo il tragitto si nascondo ancora tante sorprese. Il punto di partenza “ferroviario” non può che essere il ponte in mattoni a sedici arcate sul fiume Sabato ad Atripalda. Imponente, visto da sotto fa un po' paura pensare che il treno passi lassù, sospeso, in curva, senza alcuna protezione laterale. Mi ricorda un po' la storiella del calabrone che secondo le leggi della fisica non potrebbe volare e invece.... Da li mi dirigo verso il secondo grande appuntamento: Ponte Principe. C'è da arrivare a Lapio e preferisco farlo passando per San Potito Ultra, Parolise e Chiusano San Domenico, ma non lungo l'Ofantina vecchia bensì sulla vecchia Provinciale sconcia e malmessa. Da Chiusano si riprende l'Ofantina e si giunge a Lapio lungo la SP88 che conduce fin sotto il ponte ferroviario che, in maestoso silenzio, attende giorni migliori. Perdo una buona ventina di minuti a curiosare in luoghi che ormai conosco bene ma che non finiscono mai di sorprendere. Da li si risale in direzione di Taurasi lungo la SP215 che interseca la SP57 proprio prima di entrare nel paese del d.o.c.g. Irpino per eccellenza. Quest'ultima strada torna praticamente indietro rispetto alla precedente e mette in una posizione di vista privilegiate verso il ponte che si vede un po' più lontano ma anche più dall'alto nella sua magnificenza, contornato dalle colline ricoperte dai filari di vigne ordinati manco li avessero fatti con le squadrette (ammesso che ancora si usino). Mi fermo spesso lungo questi pochi km. La giornata è splendida e fredda come mai provato a maggio e quasi rimpiango i miei bei guanti imbottiti e lo scaldacollo. Poco più avanti la strada si biforca. Sulla destra, scendendo, si raggiunge la stazione di Taurasi e li vicino c'è un altro bel ponte in ferro molto basso rispetto alla strada e sicuramente il treno sembrerà di averlo addosso. Sulla sinistra invece si prosegue per Luogosano ed io imbocco questa strada che mi porta dritto dritto all'azienda vitivinicola Cav. Pepe, egregiamente gestita da Milena. Mi fermo nei pressi del cancello d'ingresso per scattare qualche altra bella foto e prima di ripartire mi affaccio sul piazzale dove ci sono parcheggiate diverse decine di Vespe. Beh, a questo punto salutiamo i “colleghi” tanto la giornata è ancora molto lunga. É il Vespa club Benevento che ha organizzato una bella giornata con visita in cantina e pranzo li nei dintorni. Appena entrato incontro l'amico di “curva” Giuseppe e dopo aver salutato Milena, che gentilmente mi invita ad assistere alla degustazione, ci accomodiamo nella sala dove la padrona di casa ci intratterrà per un ora facendoci assaggiare ben sette sue produzioni e narrandoci tutto ciò che può sul nettare di Bacco. Intanto, poco prima di iniziare ha fatto capolino tra i commensali anche Piero che riabbraccio sempre con affetto. Alle 13 siamo liberi di riprendere aognuno la sua strada e Piero, gentilmente, mi accompagna lungo quella che mi porterà fino a Paternopoli per poi raggiungere Castelfranci e scendere a Ponteromito dove la linea ferroviaria costeggia per un lungo tratto la strada. Poco fuori Ponteromito una piccola deviazione conduce ad un passaggio a livello al km 40,595 e li reputo che sia un altro dei posti più belli dove veder passare il convoglio. Scopro che è anche la casa di Annalisa, innamorata anche lei dei binari di questa linea e faccio la conoscenza di Antonio e di una bella fetta d'ananas che mi viene offerta mentre chiacchieriamo. Sono ormai le14,10 e nel mio stomaco c'è solo vino, quindi ben venga un po' di frutta. Riparto in direzione di Cassano e imbocco l'Ofantina. Subito dopo la rampa di immissione c'è un altro punto privilegiato per fotografare il treno (avevi ragione Pietro). Percorro l'arteria fino all'uscita di Nusco e da li riprendo la Provinciale 154 che costeggia la ferrovia dando l'impressione di poterla toccare in alcuni tratti. C'è la stazioncina di Campo di Nusco, ben tenuta, nel nulla quasi totale e poi la strada prosegue fino ad immettersi sulla Ex SS400 di Castelvetere che conduce dritti dritti a Lioni e all'unica stazione presenziata della tratta ferroviaria. Fin qui ho calcolato chilometri e tempi di percorrenza per vedere se sia fattibile “correre” appresso al treno, e lo è. Una breve sosta alla stazione e faccio la conoscenza di un ragazzo che mi chiede lumi sui treni in transito su quella linea perchè lui, che si è appena trasferito a Lioni, dovrà raggiungere Napoli per lavoro tutti i giorni. Gli faccio il quadro della situazione e il mio più grande in bocca al lupo. Riparto deciso a raggiungere il lago di Conza. Riprendo l'Ofantina ma dopo pochi km sono di nuovo fermo. C'è quello scorcio favoloso di rocce lì, sul lato sinistro, e ho sempre avuto il desiderio di affacciarmi da lassù per vedere scorrere il fiume in basso. Oggi ho tutto il tempo e no perdo l'occasione. Effettivamente il uogo è suggestivo, ma mi accorgo che più avanti c'è una piccola cascata e poi il rumore dell'acqua che cade...è troppo fragoroso per quella cascatella. Ancora un po' più avanti il rumore si fa più forte ma non si vede nulla. Scavalco il guard rail ma mi trovo immerso nei rovi (e nella munnezza, l'animacciavostra!!!) Il terreno è un po' impervio e non si capisce bene dove si stanno poggiando i piedi, ma c'è una flebile traccia di passaggio tra le sterpaglie che conducono fino ad uno strapiombo naturale di una ventina di metri di altezza e sulla sinistra il fiume, dopo la cascatella, fa un bel salto in una stretta gola prima di riprendere, dopo pochi metri, il suo percorso placidamente. Stupendo, se ci passate fermatevi, ma occhio!! Di nuovo in sella fino al bivio per il lago ma sbaglio a girare e mi trovo in una stradina che conduce sotto la ferrovia dove ci sono due ponti, quello in mattoni del vecchio tracciato e quello in cemento del nuovo, realizzato ai tempi della costruzione dell'invaso. Da li si ritorna sulla strada e il vento è fortissimo con i gabbiani che si divertono come i matti a restare sospesi a giocare con le folate. Il lago è “agitato”, forse mai lo avevo visto con le increspature, quasi piccole onde, ma le onde vere sono quelle del verde che mi circonda dappertutto creando sfumature di colori verdi di tutte le tonalità. Sono fermo ad osservare questo spettacolo e solo dopo qualche minuto mi accorgo che anche le vacche li intorno sono ferme ad osservare me che non ho tolto nemmeno il casco dalla testa. Proseguo lentamente fermandomi spesso perchè ad ogni metro il paesaggio cambia, anche grazie alle nuvole che corrono veloci e creano giochi di ombre sulle colline, con Cairano li in fondo pacata e maestosa come sempre. Ci sarebbe da star li fino al tramonto per godere in pieno di queste quinte sceniche che cambiano meravigliosamente in ogni attimo. Ancora più avanti, al bivio per quella stradina sconnessa e scassata che riscende verso il lago. Appena giro incontro una piccola mandria di vacche. Spengo il motore per non infastidirle e raggiungo l'ultima della fila che non mi ha sentito arrivare e procede placidamente per i fatti suoi. Quando si accorge di me si ferma e mi guarda e accenna ad una fuga continuando a guardarmi sottocchio senza vedere dove va e finendo quasi nella scarpata. Mi sento in colpa per averla spaventata ma intanto ho raggiunto il loro padrone che mi dice di passare tranquillamente e di fare attenzione perchè ci sono diversi cani randagi abbastanza incavolati li nei dintorni. Procedo con gli occhi aperti fino alla staccionata che chiude definitivamente la strada che passa in un altro dei punti privilegiati per guardare il treno. Scatto qualche foto e torno indietro fermandomi a conoscere e salutare il sig. Ennio, proprietario delle vacche che ora pascolano tranquillamente. Anche con lui faccio una bella chiacchierata interrotta perchè le vacche si sono allontanate e “....devo andare, perchè questa da sole fanno danni!” Grazie Ennio, passerò a trovarti con più calma. Si sta facendo ora di tornare verso casa, ma la regola del vespista prende il sopravvento e quindi non si fa dietro front bensì si prosegue verso Andretta. Arrivo in paese, ma proprio paesepaese, tanto da girare per gli stretti e intricati vicoletti del centro storico che ad un certo punto diventano scaloni, poi scalini, fino ad arrivare nel nulla. Giro, rigiro, fin quando, probabilmente incuriosita dal rumore insolito, una vecchina sdentata si affaccia da una porticina per vedere che succede, e sta per rientrare quando ormai sono vicino a lei. “signora, buonasera, come si fa a scendere verso la statale?” “Que è l'Annunzieet...”, “si, e come si scende verso il paese....” e mi fa un mezzo sorriso con il gesto della mano (vai, vai....). Grazie, molto utile... e davvero tenera come solo le persone anziane di paese sanno essere. Gira e rigira finalmente cenni di vita, anzi no. È il cimitero e c'è un funerale. Gente, tanta, a far capire (se ce ne fosse bisogno) che in luoghi come questi si conoscono tutti. Ho perso un bel po' di tempo ma bella Andretta, meritava. Decido di usare il navigatore per raggiungere velocemente Morra De Sanctis. Velocemente. Si. Chiaramente finisco in una di quelle interpoderali fatte solo nei momenti più duri del PinoIrpino (sempre grazie, Sirio) ma che sono anche le strade più spettacolari di questo territorio. Non arrivo a Morra, ma nel Comune di Morra, precisamente in contrada Castellari, dove in una curva spunta una graziosa chiesetta in pietra ed un bel campanile. Mi fermo, diamine, forse non saprei nemmeno tornarci, tanto vale dedicargli una visita. Si fa presto. La chiesa è quella classica campestre e li fuori ci sono tre vecchietti che mi dicono di tornare sabato e domenica prossima perchè ci sarà una grande festa in onore della Madonna, e lo capisco anche dall'enorme braciere poco distante, pronto ad essere acceso per arrostire. Ne approfitto per chiedere la strada per raggiungere Guardia dei Lombardi e altro che navigatore! Uno di loro mi spiega minuziosamente come fare (“a un certo punto trovi il cartello FRANA ma tu passa, non ti preoccupare”) ed effettivamente in men che non si dica raggiungo uno dei paesi più alti d'Irpinia e fa veramente freddo. Da li giù verso il bivio di Rocca San Felice poi di nuovo sulla Ex SS400 in direzione di Castelvetere. Cinque euro di miscela, giusto per sicurezza e poi rapidamente verso casa scendendo di nuovo da Parolise/San Potito e fino a Mercogliano. Poco meno di 200 km percorsi con l'unico fastidio del filo del freno anteriore che si è spezzato alla stazione di Taurasi e con la consapevolezza di non dover andare poi così lontano per passare una splendida giornata.
Qualcuno ci ha detto che siamo matti. Qualcuno si è fatto una bella risata. Qualcuno ci ha salutato con un pizzico di rammarico. Solo gli ultimi avevano una Vespa. Gli altri no. Se non hai una Vespa, hai voglia a leggere... Puoi solo cogliere l'aspetto folle di un weekend del genere, vissuto minuto per minuto con il fondoschiena che ulula li in basso ma che tu non senti perchè il “rombo” (eheh) del tuo “bolide” riempie i timpani fino ad oscurarlo.
I preparativi del venerdi sera sono stati blandi e sciatti, più o meno come sempre. Manutenzione zero vicino alla Vespa (nemmeno l'olio hai controllato, mi farà notare qualcuno....) e l'allegra consapevolezza che Sammy “rallenta” sempre meno, e stavolta, prima della prossima uscita, avrà bisogno di ganasce nuove. Bagaglio ridotto a meno dell'osso, anche perchè già so che dovrò tirar su anche le masserizie del Presidente La Manna che stavolta lascerà a casa i suoi gioielli per raggiungere la nostra destinazione con un altro gioiello e che quest'ultimo è sprovvisto di portapacchi, quindi i gregari faranno a gara per avere l'”onore” di portargli lo “stretto indispensabile” con un sacco a pelo che sembra una specie di wurstel gigante di colore blu. Sabato mattina l'appuntamento è al panificio dell'amico Enrico Savelli e mai luogo d'incontro fu più azzeccato. “Ci vediamo alle 11” e come sempre sono li dieci minuti prima. Nella beata solitudine mangio un pezzo di focaccia appoggiato all'ingresso del locale e vedo arrivare con tutta calma Alfredo, proveniente da Cava de Tirreni, che con meticolosità parcheggia la Vespa in bella vista sull'ampio marciapiede. Prima birra di rito (“ne prendo una e facciamo metà” - “va bene, ma prendi la familiare!”) e se prima eravamo in uno ad aspettare il presidente, adesso siamo in due ad aspettare il presidente. Arriva anche Angelo Galluccio a salutarci e avvertire il padrone di casa che i gitanti sono arrivati. Tra una chiacchiera, una birra e una pizzetta, si sono fatte le 11,50 e in lontananza finalmente spuntano i nostri eroi grottesi Enrico e Rocchino. Si va. No. Altro giro di birra e aspettiamo che giunga anche il nostro Izzo Santolo da Montemarano con la sua zavorrina Renata a bordo dell'ammiraglia GTS300 degna di ogni confort come una nave da crociera. Perfetto ora ci siamo tutti. Si va! No. Enrico si è allontanato e dobbiamo attendere il suo rientro per poter andare tutti a casa sua e prelevare la Vespa Rally con cui il presidente raggiungerà Fondi. Intorno alle 12,50 tutte le operazioni sono concluse e ci mettiamo davvero in cammino. 5 equipaggi con tre PX, una Rally ed una GTS con sei persone a bordo. Ho l'onore/onere di guidare il gruppo ed ho deciso di percorre la SS374 fino a Roccabascerana e poi da li, attraverso la strada ASI della Valle Caudina raggiungere la SS7 Appia che sarà (tranne che per alcuni tratti) nostra fedele compagna fino al traguardo. Viaggiamo alla solita andatura, circa 60 km/h, senza alcuna fretta e con una prima sosta dalle parti di Cervinara per fare miscela e sgranchirci dopo i prima 30 km. La giornata è splendida con un caldo che non si decide ad esplodere del tutto ma è sul punto di farlo. Ci rimettiamo subito in cammino per un'altra quarantina di km prima della vera sosta con pausa pranzo (parola grossa) tra Santa Maria Capua Vetere e Capua. Birra e patatine e va bene così per una quarantina di minuti di piacevoli chiacchiere. Sono ormai passate le 15 e ci muoviamo visto che abbiamo ancora più di un centinaio di km da fare. Oltrepassiamo Capua giusto nel centro e riprendiamo la statale costeggiando alcuni paesini della provincia di Caserta tra cui Francolise che svetta su un cucuzzolo con il suo castello a dominare il borgo. Il ponte sul Garigliano segna il confine tra Campania e Lazio e poco dopo lasciamo la SS7/quater per riprendere la via del mare e fermarci a Scauri per una nuova sosta dal benzinaio. Le Vespe sono tutte in buona forma ed i fastidi sono ridotti al minimo senza niente di serio. Pochi km e siamo a Formia e poi subito Gaeta con Alfredo che smania per farsi la foto sotto il cartello all'ingresso della città che però non troviamo da nessuna parte quindi, caro Alfredo, foto rimandata al viaggio di ritorno (forse, chissà, ma anche no). Prende la testa Santino che questi luoghi li conosce bene e decide di farci fare un bel giro panoramico lungo la marina e giungiamo fin quasi a Terracina prima di imboccare la strada per Fondi, nostra mèta della giornata. E' un andare molto piacevole e intorno alle 17 giungiamo ai piedi del castello di questa splendida cittadina in cui non ero mai stato. Ci sono già un bel po' di Vespe giunte da tutta Italia e il primo che incontro (manco avesse fiutato l'odore) è Luca Guerrini, che con il suo sorriso viene a salutarmi e a chiedermi notizie del piccolo viaggiatore sistemato nel cassettino della mia Vespa. Si perchè Luca mi aveva contattato qualche giorno prima per chiedermi di portargli uno dei nostri caciocavalli destinato all'impiccaggione per farlo assaggiare alla sua mamma, e il dono viene consegnato nelle sue mani. Mi raccomando Luca, sai cosa ne devi fare e buon appetito. Intanto Alfredo è già partito alla ricerca di fasce/toppe/gadget/memorabilia e penso che avremo bisogno di un furgone per portare a casa tutto ciò che gli capita a portata di mano. Io invece sono alla ricerca di “mon ami le professeur” che dalla sua Gallipoli è giunto fin qui. Lo chiamo al telefono e mi dice che è dall'altro lato del castello e li lo trovo placidamente seduto al tavolino di un bar con altri amici e con le cartine della Russia e della Georgia sul tavolino. Ogni volta che riabbraccio Stefano Medvedich e inizio a chiacchierare con lui ho la sensazione che la giornata potrebbe tranquillamente finire li senza dover andare a cercare altro. Non è solo ciò che ha vissuto e come lo ha vissuto, ma anche la maniera in cui lo racconta che ti fa pendere dalle sue labbra ed immaginare i luoghi, le situazioni ed i personaggi che ha incontrato. E poi il contesto che ci circonda è straordinario, con questo castello che affaccia su una piazzetta animata dagli schiamazzi dei bambini che giocano e, poco più in la, altri vespisti che giungono alla spicciolata con rombanti sgasate che appestano l'aria. I miei compagni di viaggio mi cercano perchè dobbiamo raggiungere il campeggio dove passeremo la notte. Saluto Stefano rimandandolo ad un secondo incontro magari in serata e ci rimettiamo in sella verso il litorale. Un'altra quindicina di km fino al camping S.Anastasia dove ci accoglie una gentile signora e, nascosti tra i cespugli, un centinaio di agguerriti reggimenti di zanzare, assatanate come i più sangsanguinosi guerriglieri delle zone di guerra. Ci deportano a circa un chilometro dall'ingresso e ci comunicano che dopo le 22 non potremo più entrare nel campeggio con le vespe quindi decidiamo di non muoverci più con i nostri mezzi fino al mattino seguente e addio serata a Fondi. Nel campeggio comunque non mancano le cose da fare. Innanzitutto montare le tende sotto una tettoia che ci hanno riservato. C'è un'umidità pazzesca e le “zanze” hanno scelto la loro vittima sacrificale: Santino. Viene bersagliato all'istante in ogni dove costringendo l'ottima Renata a procurarsi immediatamente una bomboletta di Autan con cui tenere lontane le nostre simpatiche compagne della serata che sembrano dei piccoli droni a caccia di sangue. Monto velocemente la tenda munito di passamontagna manco fossi pronto per una rapina e resto incolume dai pizzichi delle assassine. Intanto Alfredo ha scovato, solo lui e Dio sanno come, un altro vespista proveniente da Genova con cui scambiare la fascia. Ultimato il montaggio ci rechiamo tutti alla ricerca del camper del suddetto e dopo quattro chiacchiere e foto di rito un altro cimelio è portato a casa dal nostro collezionista. Ormai sono le 20,30 e ci ricordiamo di avere anche uno stomaco che ormai è stato abbandonato al suo triste destino di solitudine. Il self service del camping offre un bel po' di pietanze e si decide di consumare li la cena con ancora un bel po' di cazzeggio a tavola prima di tornare alle tende dove, come spesso accade, la stanchezza presenta il conto di una giornata vissuta tutta d'un fiato. Non sono nemmeno le 22 quando stramazzo definitivamente al suolo (nel vero senso della parola) riuscendo a togliere solo le scarpe. Credo di avre dormito di filato fino alle 2, ora in cui mi sono svegliato cullato dal ritmo sincopato del russare di Alfredo e Rocchino che in alcuni momenti andavano a tempo alternando i loro “fiati” in una melodia quasi piacevole intervallata da qualche acuto solista di Santino. Credo di aver preso sonno nuovamente intorno alle 3.30 in un'aria umidiccia che ad un certo punto mi ha fatto pensare di aver montato la tenda al centro di una palude. Alle 6.30 sono di nuovo sveglio e decido di saltar fuori dalla tenda. Prima di uscire raccatto tutto ciò che ho sparpagliato in giro e dopo 10 minuti la tenda è già smontata. I miei movimenti svegliano anche il resto del gruppo tranne Renata che probabilmente non ha chiuso occhio tutta la notte a causa dellanostra performance russesca. C'è un aria che sfiora il 100% di umidità con un qualcosa di misto tra la foschia e la nebbia che ci avvolge infradiciando tutto ciò con cui viene a contatto. Le comiche iniziano quando dobbiamo chiudere la tenda di Alfredo, una di quelle che si aprono in due secondi e si chiudono in un mese se non sai effettuare le giuste manovre. Sotto l'attenta regia di Renata (e alla fine anche con i suo aiuto materiale) riusciamo nell'impresa che ad un certo punto aveva raggiunto toni grotteschi con questi tre individui ad armeggiare intorno all'oggetto in uno strano balletto. Con calma, molta calma, ognuno mette in ordine le sue cose e verso le 8,15 siamo pronti per tornare a Fondi. Faccio una volata solitaria al bancomat li nelle vicinanze e approfitto per fare il pieno. Quando imbocco la strada per Fondi sono in ottima compagnia insieme ad una ventina di vespisti, molti dei quali sulle loro 50 special tirate a lucido che fanno un gran casino e sfrecciano come schegge. Ai piedi del castello si respira l'aria del raduno delle grandi occasioni. Frotte di “colleghi” arrivano ad ondate ed io mi riunisco al mio gruppo che già ha parcheggiato in mezzo agli altri accolto dagli scatti fotografici di Francesco Muroni. E' un piacere incontrarlo e riabbracciarlo con grande affetto. Anche lui ne ha sempre da raccontare e i minuti passano senza che te ne accorgi. Intanto Alfredo ha ripreso la caccia è porta scompiglio tra i vespisti di tutta Italia. Riappare Stefano e in sua compagnia anche beppe vc Bulciago che arriva dritto dritto dalla Provincia di Lecco. Grande Beppe, spero di passare a salutarti prima o poi. Con Stefano proviamo a telefonare al nostro “King of Tartarian” Mimy Domenico, alias Ciccio Il Conte che pure ci aveva fatto sperare in un suo arrivo in extremis a bordo del suo Africone Rombante, ma purtroppo non riusciamo a metterci in contatto. Pazienza Mimy, sarà per la prossima. Intanto siamo diventati tantissimi, centinaia e centinaia, e prima che il bar venga preso d'assalto sbrighiamo anche la pratica colazione. Torno alla ricerca di Stefano e con lui resto a chiacchierare un po' in disparte su una panchina al fresco di un alberello con vista sul castello e sulle Vespa Rally provenienti da ogni dove che si vanno allineando pian piano di fronte a noi. Da Avellino arrivano anche i nostri rinforzi. Ci raggiungono Enrico e Fiore, insieme alla moglie, con altre due splendide Rally rosse come il fuoco che risplendono al sole di questa fantastica giornata. Ancora pochi minuti ed inizierà il giro organizzato dai ragazzi del Vespa Club Fondi “Briganti” che hanno organizzato questo raduno. Stefano mi comunica che non prenderà parte al giro preferendo restare li a guardarci partire così lo saluto augurandogli buona strada per le sue prossime avventure e sperando di rivederlo al più presto (e magari sapere che ha iniziato il primo capitolo del suo nuovo libro sul viaggio in Russia visto che l'introduzione è bella e che fatta da un pezzo). Vado alla ricerca di tutti gli altri globetrotter per salutarli perchè tanto anche noi, dopo il giro, prenderemo la via di casa. Ciao Luca, ciao Francesco, ciao Beppe e ciao a tutti gli altri che ho incontrato, è sempre un piacere passare del tempo in mezzo a voi. Si va, nella solita nuvola di fumo azzurrognolo e rombi rombanti. Ci dirigiamo lungo una provinciale che ci porta nell'entroterra e in certi punti ho la sensazione di scalare il famigerato Passo del Bracco che prima o poi vedrà di nuovo le mie ruote per portare a termine l'impresa mancata di due anni fa. La strada fila via tra colline ora brulle ora ricche di vegetazione. Giungiamo ad Itri il cui centro storico si staglia al di sotto di un altro bel castello che fa l'occhiolino dalla cima di una rupe, ma il nostro tragitto ci spinge lungo un altra provinciale che adesso ci porta dritti dritti verso il mare che pian piano si fa largo tra le colline brulle tagliate dalla strada, dove lo sciame di Vespe si snoda lentamente e lungo il quale ci fermiamo più volte per scattare qualche foto ai fantastici panorami che ci circondano. Un giro di circa 30 km che terminiamo dalle parti di Sperlonga dove le nostre strade si dividono da quelle degli altri che torneranno a Fondi mentre noi, dopo aver scambiato la fascia con il Vespa club Gaeta (per la gioia repressa di Alfredo che non ci era riuscito) scendiamo verso il mare lungo il tragitto che ci riporterà a casa. Pochi chilometri e la sosta è d'obbligo in località Capovento lungo la via Flacca (SR 213) dal tipo che vende panini con la porchetta dove mi ero fermato due anni fa tornando in solitaria dalla Liguria. Non mi faccio sfuggire l'occasione di salutarlo e ricordargli del nostro primo incontro e “Bimbo” (questo il nome con cui si presenta) si mostra molto lusingato di ciò che gli sto raccontando e continua ad offrirmi pezzi di salsiccia arrostita. Per contraccambiare la sua generosità gli faccio dono del gadget del raduno, il cappello rosso, che indossa subito dicendomi che lo userà sempre visto che andiamo incontro all'estate. Che personaggi che si incontrano per strada se solo hai il modo di farli parlare e raccontare ciò che hanno vissuto apprezzando generosamente ciò che ti offrono. La sosta si prolunga a tavola perchè il posto davvero merita ed il mare, laggiù in basso, è un richiamo irresistibile. Ma è ora di andare e la strada è ancora tanta. Saluti e alla prossima Bimbo. Giù, giù fino a Gaeta e poi il bivio per la SS7 Quater, di nuovo il Garigliano e un paio di soste per rifornimenti vari (miscela e birra). Dopo la Domiziana via lungo l'asse mediano e rapidamente siamo a Nola e da li pochi chilometri per tornare in Provincia di Avellino e lungo i tornanti di Monteforte Irpino Santino e Renata ci salutano per proseguire verso casa mentre noi raggiungiamo casa Savelli da cui siamo partiti dove il padrone di casa decide di congedarci non prima di aver offerto soppressate, pancetta, formaggio, pane e vino per i saluti finali di due giorni passati in grande compagnia. I ringraziamenti sono d'obbligo per tutti, soprattutto per Samantha che ha iniziato ad accusare qualche problema alla frizione quando eravamo ormai dalle parti di casa, quasi a dirmi che in questi 15 giorni sarà meglio darle una controllata più approfondita prima della prossima uscita. In totale 430 km percorsi sempre a cuor leggero, sempre con il sole in faccia, sempre con la voglia di ripartire. Ciao ragazzi, ci vediamo in giro. Flaviano Oliviero.
ORE 8 RITROVO CASTELLO D'AQUINO GROTTAMINARDA (AV)
COLAZIONE E RITIRO GADGET Un baluardo a difesa di una terra di passaggio. Edificato in epoca longobarda presso l'antico borgo "Fratta", in posizione dominante rispetto al vallone sottostante, funse da baluardo difensivo contro i Bizantini. Di forma trapezoidale, il castello fu ampliato intorno alla prima metà del secolo XII con la costruzione della cinta muraria, di cui si ha notizia già a partire dal 1137. In questo periodo l'edificio entrò a far parte dei possedimenti della potente famiglia d'Aquino, alla cui casata appartenne dal 1134 al 1531, fino a quando cioè fu sottratto loro da Carlo V. Il castello conservò comunque il nome della famiglia d'Aquino, pur divenendo proprietà di altre nobili famiglie. In seguito ai terremoti del 1694 e del 1732, parte della struttura fu adattata a dimora signorile. Il primo piano del settore sud fu adibito, infatti, a zona residenziale, mentre un'altra area fu trasformata in un sontuoso giardino pensile, recintato e dotato di terrazza con belvedere. Nonostante le modifiche, sono ancora visibili tratti delle mura perimetrali d'epoca aragonese, i cui paramenti esterni erano realizzati con file di laterizi alternate a ciottoli fluviali o a pietre calcaree di diverse dimensioni. Agli angoli del forte sono visibili le quattro torri angolari, di cui due di forma cilindrica e una a pianta quadrata. La parte inferiore della struttura ospita le cantine, ricavate all'interno di una grotta sotterranea, mentre la parte superiore è sede dell'Antiquarium comunale.
ORE 9,30 PARTENZA TOUR 2017
ORE 10,15 ARRIVO IN PIAZZA IV NOVEMBRE MONTEMILETTO (AV) VISITE GUIDATE E DEGUSTAZIONE Il Castello della Leonessa E' un imponente castello medievale–normanno che si erge nella piazza centrale di Montemiletto, un piccolo borgo situato tra le Valli del Sabato e del Calore, a una ventina di chilometri da Avellino. Il castello fu realizzato con ogni probabilità in età longobarda, a cavallo tra il VIII e il IX secolo. Nel corso del 1419 il castello venne assediato dal conte De Tocco e in epoca successiva venne invece adibito a residenza gentilizia pressappoco nel XVI secolo, epoca tardo-rinascimentale. Secondo la tradizione il feudo angioino passò di mano in mano più volte, con un alternarsi continuo, infatti in origine appartenne ai de Tocco, poi passò in mano ai Durazzo, per poi entrare nelle proprietà dei della Leonessa, da cui prende il nome. Non fu però questo l’ultimo cambio di padrone perchè il castello ritornò in un secondo momento sotto il controllo dei de Tocco, che questa volta ne mantennero saldamente il possesso, amministrando il feudo fino al 1806. Durante questo periodo è stato registrato come il magnifico castello sia stato per ben due volte dimora ospitale anche per un nome di prestigio come quello del Re Carlo III di Borbone. Il castello è situato ad oggi in pieno centro storico, non lontano dagli antichi edifici religiosi del borgo. Per poter raggiungere il cortile interno è necessario varcare il portale collocato nella parte posteriore del castello, mentre ai lati della facciata è possibile ammirare due torri rotonde che si innalzano con grande solennità. Malgrado si mantenga con le caratteristiche originali pressochè immutate, i segni del tempo e i possibili rischi di cedimento hanno portato ad eseguire una serie di lavori di restauro.
ORE 11:00 RIPARTE IL TOUR
ORE 11:25 SOSTA AL BORGO SAN BARBATO, MANOCALZATI (AV) VISITA DEL CASTELLO E FOTO DI GRUPPO Il castello del piccolo borgo Arroccato sul colle che domina il piccolo borgo il quale, assieme ad altri tre centri abitati, compone il comune di Manocalzati e da cui prende il nome, il Castello di San Barbato fu edificato dai Longobardi qui insediatisi. Risale al 1146 il documento più antico che prova l'esistenza del castello: si tratta di una pergamena custodita presso la biblioteca di Montevergine. Essa racconta di un incontro avvenuto tra il signore del vicino Castello di Serra, tale Piero, e il signore di San Barbato, Malfrido, per dirimere una questione riguardante il possesso di alcune terre poste al confine dei due territori. Il Castello di San Barbato si presenta oggi con le chiare fattezze di una fortezza aragonese del Quattrocento, pur conservando alcuni tratti tipici del periodo longobardo. La struttura si articola in un semplice e basso edificio quadrangolare, con torri angolari poste ai vertici del corpo di fabbrica centrale, che racchiude il cortile interno, con scala aperta nello spazio della corte. Il castello presenta però una particolarità rispetto ad altre strutture analoghe: le due torri sul lato meridionale sono di forma circolare e scarpata, mentre le altre due, poste sul lato settentrionale, hanno una forma planimetrica a punta. Dal portale d'ingresso, posto in cima ad un'alta gradinata, si accede alla corte centrale, sulla quale si affacciano tutti gli ambienti del piano terreno coperti da grandi volte a botte.
ORE 12:10 RIPARTE IL TOUR
ORE 13:15 ARRIVO CASTELLO LANCELLOTTI, LAURO DESTINAZIONE FINALE Lauro, piccolo paese della bassa Irpinia. Non appena si arriva l’imponenza del Castello Lancellotti rapisce lo sguardo. Mentre si sale verso la rocca si iniziano ad intuire via via le forme dell’imponente e ben conservato maniero, che affonda le sue origini nel X secolo ma che eredita le forme eclettiche attuali nel restauro di fine ‘800, necessario dopo un incendio che distrusse mobili, suppellettili e tappezzeria nel 1799. Il primo documento che attesta l’esistenza del castello risale al 976 dove viene citato il “Castel Lauri” che indicava probabilmente il casale Lauro. Il castello di Lauro compare nei registri della Cancelleria angioina nell’anno 1277 quando a Margherita de Toucy, cugina di Carlo I d’Angiò, fu concessa la custodia del castello di Lauro. Nel tempo diverse sono le signorie che si sono succedute sul territorio, fino ai Lancellotti, che acquistarono nel 1632 il castello e il feudo della terra di Lauro da Camillo II Pignatelli legando definitivamente al Castello il nome della propria casata. Fu grazie ad uno di loro, Filippo Massimo Lancellotti che nel 1870 iniziò la ricostruzione del castello incendiato dall’esercito francese durante una spedizione punitiva: il castello era stato sede di una rivolta di Sanfedisti che auspicavano il ritorno dei Borbone. Una prima parte del lavoro di ricostruzione terminò nel 1872 e agli inizi del ‘900 il Castello venne definitivamente terminato nelle forme che tuttora si possono ammirare. Il castello è circondato da mura merlate con diverse porte d’accesso tra cui il portale rinascimentale; all’interno svettano torri quadrangolari con merlature ed archetti pensili con tetti spioventi e pinnacoli angolari. La parte abitativa è costituita da Sala della Musica, Sala delle Armi, Salone Rosso, Farmacia, scuderia con le carrozze, biblioteca e cappella privata con il cortile arricchito da una fontana realizzata con materiali architettonici di epoca romana. Particolarmente suggestivo è il cortile che raccorda la cappella, il chiostrino segreto e la biblioteca creata da Filippo Massimo Lancellotti e che conserva oltre mille opere tra cui quattro libri mastri di fine XVIII secolo. Oggi è una delle residenza d’epoca più affascinanti della Campania sede di eventi e manifestazioni culturali.
ORE 14:00 PRANZO INCLUSO presso L'ANTICA FRACONIA
ORE 16:00 VISITA FACOLTATIVA INTERNO DEL CASTELLO LANCELLOTTTI SALUTI E PREMIAZIONE PER TUTTI I VESPA CLUB PARTECIPANTI Grottaminarda l'ombelico del mondo Quale punto di partenza migliore per avere idee e spunti di riflessione di un incontro con alcuni tra i più importanti viaggiatori vespisti... Durante il periodo invernale, viste le intemperie di questi ultimi giorni, i ragazzi del Vespa Club Leoni Rossi di Grottaminarda hanno deciso di dedicarsi alla cultura, alla riflessione e, perché no, alla programmazione di nuovi viaggi e nuove avventure. Quale punto di partenza migliore per avere idee e spunti di riflessione di un incontro con alcuni tra i più importanti viaggiatori vespisti. L’evento si terrà il 12 febbraio a Grottaminarda. Parteciperanno: Ilario Lavarra che ha percorso l'intero continente americano, Stefano Medvedich che ha esplorato quello africano, l'artista Davide Leopizzi che con il suo Hyperborea in 2 anni ha collegato prima i due capi: capo di Leuca con capo Nord e poi ha attraversato tutto il nord Europa con isole Faroe e Islanda comprese. Inoltre interveranno in Videoconferenza: Giorgio Caeran un pioniere dei viaggi in vespa e autore di numerosi libri che alla fine degli anni 70 percorse la via delle indie in vespa e Lorenzo Franchini che oltre a pubblicare la sua esperienza fino alla fine del mondo periodicamente aggiorna il sito Chilometri di parole in Vespa che recensisce tutte le pubblicazioni vespistiche. Concluderà il discorso Luca Capocchiano che ha girato il mondo a 80 km/h. La sala sarà allestita con i disegni realistici di Katia Mercurio sul tema Vespa. La manifestazione andrà in diretta su Facebook, per sfruttare tutte le potenzialità del social, dando la possibilità a tutti i vespisti vicini e lontani di seguire l’interessante dibattito. ATTENZIONE: è possibile assicurarsi la fascia scudo dell'evento bonificando sul conto del club, 15 euro con spedizione gratuita oppure ritirandola la sera stessa della manifestazione con AperiCena inclusa. Richiedi l'iban [email protected] |
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Gennaio 2019
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