Flaviano Oliviero: In tanti mi stanno chiedendo di scrivere qualcosa su ciò che è accaduto tra il 6 e l’8 dicembre…
Forse non lo so nemmeno io bene cosa è successo ma una cosa so perfettamente: andare in Vespa e scrivere sono le due cose che più mi piace fare, quindi datemi un po’ di tempo e cercherò di mettere in fila le parole migliori per descrivere questa avventura così come ho fatto con i km che mi hanno portato in giro per l’Irpinia... se avete voglia di leggere mettetevi comodi... si comincia.
Viaggio in Irpinia 1° giorno
La notizia di questa iniziativa la apprendo solo una decina di giorni prima della partenza. Il tam tam è sempre quello di facebook da cui escono le informazioni dei quotidiani on line e, in mezzo alla selva di notizie che affollano le pagine il 27 novembre spicca “60 ore, 118 comuni, 936 Km: 3 giorni in viaggio per restituire l’Irpinia a Mamma Avellino”. Quando si parla di ore e km le antenne mi si drizzano sempre, per non parlare poi di quando leggo la scritta Irpinia!! Insomma il giusto mix per me e la mia Sammy. Chi è Sammy?
Samantha è la mia “signorina” che da 3 decenni porta in giro me e la mia vita. Una Vespa PX125Arcobaleno, e già in quell’ ”arcobaleno” era scritto un destino che però all’età di 13 anni ancora non afferravo. Sammy per me è una di famiglia, lasciatami in eredità da mia sorella che per inseguire i suoi sogni non ha esitato a mollare tutti e tutto compresa la Vespa… per fortuna!! Purtroppo per Sammy però a me le cose piace usarle e viverle, ecco perché lei è un po’ “malandata” e le uniche amorevoli cure cerco di dedicarle al suo cuoricino di 125 cc che batte alla grande e non si ferma davanti a niente.
Ok, non voglio tediarvi con queste smancerie familiari, non è il luogo adatto, anche perché c’è ben altro da raccontare….. Dicevo della notizia letta su FB e dell’entusiasmo frenetico che subito mi ha invaso… Seduto su una dura sedia di plastica già avevo ben chiaro tutto nella mia mente. Stavolta l’occasione per poggiare il sedere sul sellino e percorre tutti quei 936 km non me la facevo sfuggire. Da direttore turistico quale sono, ho immediatamente contattato il Presidentissimo del mio ipersuperefficiente Vespa club che con ancor maggiore entusiasmo ha contattato in via ufficiale lo staff del Pino Irpino e ci siamo ritrovati con le ruote immerse fino al mozzo in questa avventura.
Ma come spesso accade, l’entusiasmo iniziale poi con il passare dei giorni si affievolisce perché si comincia a pensare a tante cose: l’aspetto economico, la famiglia, le condizioni meteo, le condizioni della Vespa… e proprio queste creano i maggiori dubbi perché la mia ha diversi problemini: in quarta non è proprio un fulmine, ha problemi all’impianto elettrico che le fanno accusare sbalzi di tensione che affievoliscono quasi a zero la luce del faro anteriore e, dulcis in fundo, ha l’indicatore del carburante che non funziona.
Ok, meglio rinunciare, starò al calduccio degli affetti familiari a preparare l’albero di natale in quei giorni….
Però…. sarebbe bello cazzo…. Ma il tempo… e se piove??? Beh mi bagno… si ma, la strada scivolosa.. si rischia, una caduta, una sbandata… beh dai tanto andrò piano, e poi così bardato che vuoi che accada, magari nemmeno un graffio… e se la Vespa mi molla?? Vabbè in un modo si farà… eh ma a casa che diranno… se ne faranno una ragione…. Ok dai, allora mi sembra tutto apposto… posso andare !!
Parte così la macchina dell’organizzazione ma si deve far conciliare il tempo con tutti gli altri impegni e questo fa si che il tempo passi senza organizzare un bel niente. Poi ci si mette anche il fatto che, una sera, il faro smette completamente di funzionare. Ahia, brutto segnale, mi sa che davvero si resta a casa. Provo chiaramente la cosa più semplice: cambiare la lampadina ma dopo la sostituzione non si accende la luce abbagliante che però miracolosamente resuscita dopo due cazzotti dati sul corpifaro. Ma posso sperare di fare 936 km e risolvere i problemi a cazzotti?? E poi sto cavolo di tempo che non accenna a migliorare e ormai siamo a giovedì.
Provvedo a visionare un po’ gli indumenti per la pioggia e capisco che forse devo trovare altro se voglio sperare di non inzupparmi alle prime gocce d’acqua, così chiedo aiuto all’ottimo Nicola, redivivo biker, che mi risolve in un secondo la situazione. Bene, ora pensiamo a tutto il resto. Ho bisogno di luce supplementare e chi meglio del mio Made in China può sbrogliare la matassa?? Due splendide lampade a LED con tanto di calamita nella parte posteriore da posizionare sullo scudo della Vespa…. Certo sembra un albero di Natale ma ci può stare, il Pino Irpino ne sarà felice. Il venerdì sera metto a punto gli ultimi dettagli e verso le 22 Samantha è in assetto di viaggio ma fuori piove.
Sabato mattina sono sveglio di buon ora, ha smesso di piovere da poco e il tempo sembra migliorare. Ok, mi preparo e alle 7.30 sono in sella in direzione di Piazza Libertà. Arrivato sul posto cerco traccia dei ragazzi e trovo il furgoncino con attaccata la locandina dell’iniziativa. Loro sono davanti al bar all’angolo del corso e mi sembrano su di giri al massimo. Mi faccio coraggio e mi avvicino. Sono sempre stato un timido e loro sono in otto tutti più giovani di me e sicuramente affiatatissimi. Giusto il tempo delle presentazioni, due battute sulla bellezza straordinaria della loro iniziativa e già si parte. L’itinerario va rispettato al minuto perché in ogni paese ci aspettano i vari comitati di accoglienza e sarebbe brutto farli attendere. La prima tappa è Prata Principato Ultra che raggiungiamo passando per Arcella, quindi immergendoci in una nebbiolina umidiccia che mi infradicia tutto già dai primi km. Fortunatamente appena inizia la salita spunta un pallido sole che mi fa ben sperare. Giunti a Prata inizia la caciara capitanata dall’ottimo Francesco/Bubba che con il suo megafono invita i pratesi ad avvicinarsi allo striscione IRPINIA TI VOLGIO BENE per il primo di una lunga serie di selfie. L’unico che riusciamo a convincere è un ragazzino delle scuole elementari che timidamente si avvicina mentre il fratellino se la svigna a gambe levate dentro casa. Tempo di uno scatto, una veloce ripresa e siamo di nuovo in marcia verso Pratola Serra. I tragitti da percorrere sono molto brevi e questo per me e la Vespa è un vantaggio non da poco anche se, ad ogni tappa ho il rituale della vestizione/vestizione di guanti-casco-cappuccio-sciarpa che mi porta via secondi preziosi ma che nelle ultime tappe eseguirò a tempo di pit stop da Formula 1. A pratola tutt’altra storia: ci aspettano e sono tanti con tanti regali da caricare sul furgone per riempire questa straordinaria slitta di Babbo Natale della solidarietà. Neanche il tempo di pensare e le ruote si dirigono in direzione di Tufo dove arriviamo puntuali alle 8.51 e lo staff riceve in dono, oltre a tutto ciò destinato alla causa, anche qualche bottiglia di vino “ad uso personale”. Alla fine la “cantina” risulterà ben fornita e sarà un valido alleato nei momenti di “arsura”. Ancora si procede, stavolta verso Santa Paolina ma l’ottimo Sirio, autista e metronomo della spedizione, non conosce la strada così mi invita a precedere la carovana. Altra tappa altro vino e l’allegria di persone mai viste in vita mia che mi mostrano tutta la loro cordialità e ospitalità. Grazie ma dopo 8 minuti è già ora di salutare ed andar via, questo è il leit motiv della maratona ed io l’ho sposato in toto. Per arrivare a Montefusco la strada comincia ad inerpicarsi. Siamo in uno dei paesi più belli dell’Irpinia, antico capoluogo di provincia, ricco di storia e monumenti. Meriterebbe ben altro tempo da dedicargli ma non è questa l’occasione. L’anfitrione del gruppo, Luca il cameraman, mi chiede di poter montare in Vespa per qualche ripresa. Non ci sono problemi e questo episodio ma da fiducia sul fatto che sto conquistando un po’ di stima da parte loro. Anche Montefusco risponde alla grande e ci accingiamo a raggiungere Motemiletto ed io sono ancora in testa alla carovana perché c’è da bypassare il ponte interrotto sulla statale ed io so come fare per non perdere tempo e guadagnarmi qualche pacca sulla spalla da parte dei miei compagni di viaggio. Poi di volata a Torre le Nocelle dove facciamo irruzione nella palestra della scuola interrompendo un convegno sull’ambiente a cui un nugolo di bambini stava (secondo me svogliatamente) partecipando e che non si fanno pregare quando si tratta di gridare il canonico IRPINIA TI VOGLIO BENE. Ora le ruote si dirigono verso Pietradefusi dove è in corso il mercatino domenicale e dove finalmente il sole comincia a riscaldarsi a livelli accettabili asciugando un po’ i panni e le ossa. Nella piazza in cui ci fermiamo si apre uno splendido panorama a perdita d’occhio con un cielo azzurro e limpido che fa ben sperare per il resto della giornata. Ad ogni tappa continuo a vedere tanti tanti giovani ma anche dei simpatici vecchietti impegnati ad occupare le panchine pubbliche visto che la giornata è davvero bella per essere il sei dicembre. È la volta di Venticano dove troviamo un vero e proprio buffet ma accade anche un piccolo incidente diplomatico che non turba affatto lo spirito del gruppo ma che rafforza la consapevolezza di star facendo qualcosa di speciale e che forse qualcuno è un po’ invidioso di ciò. Mirabella Eclano non ha referenti per il Pino ma in uno slargo del paese troviamo un folto gruppo di ragazzi. “Aspettate il Pino Irpino?” “No!!” … però poi il selfie collettivo se lo fanno lo stesso. Go Pino go e stavolta arriviamo a Gesualdo nella piazzetta su cui si staglia maestoso uno dei castelli d’Irpinia e dove un’altra associazione è già al lavoro nella sua gara di solidarietà. Quale connubio migliore…Villamaina ci accoglie con un gruppo di giovanissimi armati di sorrisi, regali e una scorta di merendine per rifocillare queste trottole impazzite che ormai da quasi tre ore stanno mettendo a soqquadro le strade e le piazze dei paesi attraversati, e intanto il tam tam sulla rete prende sempre più forma. Ringrazio i giovani ma tiro fuori un panino che divoro all’istante. La birra non faccio in tempo a berla e così la sorseggio in Vespa mentre ci dirigiamo verso Frigento. Sarà la strada, sarà la birra, sarà l’entusiasmo che sale ad ogni km sempre di più, fatto sta che mi faccio prendere dall’euforia e sorpasso tutti su una serie di curve veloci che conducono al bivio per Frigento che mi sbuca davanti in una curva e mi costringe ad una frenata fumante che mi fa sbandare senza però cadere anche se mi perdo lo zaino prontamente recuperato dagli altri. Ok ok, chiaro, l’imprevisto è dietro l’angolo, quindi occhi aperti metro dopo metro. Dopo il rituale selfie si procede verso la sede di una delle associazioni che hanno aderito al progetto per scaricare la prima furgonata di doni e siamo appena alla 13esima tappa. Questo ci fa tirare un po’ il fiato dopo i primi 100 km percorsi e mi fa vedere vicino il mio primo traguardo che è quello di Grottaminarda dove ormai da quattro anni mi sento a casa perché è la sede del mio Vespa Club LEONI ROSSI magistralmente presieduto da Enrico La Manna, appassionato vespista dal cuore d’oro. In piazza c’è la solita caciara con la gemellino della mia Sammy laconicamente ferma a causa di altri impegni del suo “cavaliere” e la poliedrica Ape 50 che, a seconda delle occasioni, diventa carroscopa, banchetto per friggere i “pizzilli” e quant’altro ci si possa inventare per trascorrere pazze giornate in compagnia dei Leoni Rossi. Sono stato invitato a pranzo dal presidente e anche se mi sembra di fare un torto al resto della combriccola non posso rifiutare ma mi riprometto di essere puntuale per ripartire. Così alle 13.50 mi ripresento più carico di prima. Sono consapevole che da qui a poche ore comincerà la parte più impegnativa di questa avventura perché il sole comincia a scendere ed il suo calore è notevolmente diminuito e tra pochi km l’oscurità la farà da padrone. Arriviamo a Bonito dove nel chiostro del Comune (credo) ci attende un bel po’ di gente che prima di ripartire consegna allo staff una pergamena ricordo. Grazie, grazie a tutti ma dobbiamo scappare verso Melito dove ci dirigiamo attraversando stradine interpoderali in un saliscendi da montagne russe che ci sprofonda ai piedi dei valloni per poi riportarci su su su fino in paradiso. E proprio in una di queste discese ci fermiamo per scattare qualche foto su un panorama che si apre a strapiombo davanti a noi e con alle spalle nuvolosi neri che si addensano minacciosi. Sono le 14.50, orario un po’ anomalo e infatti nelle strade di Melito non c’è nessuno se non il canonico bar aperto all’interno del quale viene scattata la foto di rito. Ariano Irpino (811 m s.l.m) ci accoglie in piazza insieme ai mercatini di Natale, un bel po’ di bambini incuriositi e un terzetto di Babbo Natale in gonnella che non guasta mai. Poi è la volta di Montecalvo e Casalbore, due dei pochi paesi in cui ancora non ho posato le ruote in Irpinia e che provvedo a depennare dalla lista dei comuni mai toccati. Proprio lungo questo tragitto ci fermiamo per scattare qualche foto al tramonto. Siamo sul ponte sul fiume Miscano sulla SS414 ed il sole basso fa allungare le nostre ombre all’infinito dietro di noi sui campi di terra battuta di un colore marrone chiaro su cui si alterna il chiaroscuro di luci ed ombre dettato dalle colline circostanti che stemperano il loro profilo contro un cielo che ormai spegne la propria luminosità. Controllo il roadbook dell’amico Sirio e la prossima tappa prevede Greci lungo il tragitto della SS90 che si inerpica sui colli irpini. Strada a scorrimento veloce per me che cerco di tenere il passo delle auto ma resto inesorabilmente indietro mentre ormai l’oscurità mi avvolge. I ragazzi se ne accorgono e rallentano (di poco) la loro corsa dandomi il tempo di recuperare e giunti in paese, dove troviamo una folta delegazione ad attenderci, decido di sfoderare il mio kit di luci supplementari che ora mi danno un po’ di tranquillità in più dopo gli ultimi 20 km di inquietudine. Sono appena le 17.00 e la fine della prima giornata è per l’ 01.27!! Scendiamo da Greci in direzione di Montaguto ancora lungo il tragitto della SS90 che in diversi punti è interrotta e deviata a causa di frane e smottamenti che hanno messo in ginocchio la mobilità degli abitanti di questa zona. Ci attende un nutrito e chiassoso gruppo di persone e ora inizia a far veramente freddo con un vento gelido che spazza la piazzetta del paese e i vicoletti circostanti visto che ormai viaggiamo costantemente sui 700 m s.l.m. Si torna indietro lungo lo stesso tragitto e ci dirigiamo verso Savignano Irpino dove riceviamo la nostra dose di doni e complimenti. Per raggiungere Scampitella si devono percorrere una ventina di km. Ormai l’oscurità è totale e la minicarovana viaggia rapidamente con la macchina dei ragazzi che mi precede con gli antinebbia posteriori accesi, io dietro di loro e il furgoncino con Andrea e Francesco alle mie spalle. L’oscurità impedisce di vedere i panorami circostanti ma gli odori arrivano tutti e siamo in prossimità di una delle tante discariche che punteggiano questa zona dell’Irpinia. Viaggiare su due ruote non è come viaggiare in auto per tanti motivi. Uno di quelli che maggiormente preferisco è il fatto che ti accorgi di molte più cose che sfilano affianco a te lungo le strade e cogli molti più odori dei luoghi che attraversi passando da quello del letame a quello di “cucinato” a quello di stantìo che giunge dai muri ammuffiti delle vecchie case e che mi ricordano l’odore sentito per settimane lungo i vicoli sbriciolati del centro storico di Avellino nei giorni del post terremoto del 1980 e che avevo rimosso dalla mia memoria olfattiva. Sconfiniamo per un bel tratto in Puglia prima di giungere al centro del paese dove ci attendono al riparo di una pensilina di fermata autobus. Siamo saliti ancora (775 m slm) ma il calore di questa gente e il ricco buffet che ci hanno preparato (con una deliziosa crostata di frutta) non fa avvertire ne il freddo ne la stanchezza, e ormai sono in Vespa da quasi 11 ore con circa 300 km percorsi. Grazie Scampitella. Saluti e baci e di volata verso Zungoli lungo tornanti che ho imparato a conoscere bene e che so essere abbastanza insidiosi. Anche qui è un po’ come essere a casa visto che ad agosto come Vespa club Leoni Rossi siamo di stanza con la nostra manifestazione “Dal tramonto all’alba” che si affianca allo ZIF, festival musicale mangereccio che si tiene in paese. Ci dirigiamo verso il luogo dell’appuntamento e troviamo una scatenata comitiva che va da 0 a99 anni con tanti di quei pacchi che non sappiamo più dove metterli.
Giusto il tempo di svuotare per l’ennesima volta il furgoncino, tirare un po’ il fiato e ancora via in direzione Villanova del Battista. Poi è la volta di Flumeri che per me è un po’ un punto di svolta. Sono le 20.20 e devo decidere se andare avanti ed affrontare il tratto più duro e impegnativo di questa giornata o dirigermi verso Grottaminarda che da qui è ad un tiro di schioppo dove mi attende una confortevole stanzetta per passare la notte a casa del Presidente. In una frazione di secondo decido di andare avanti consapevole che ora la prossima mèta è necessariamente Calitri all’1.27 di notte, quindi altre 5 ore by night a scorrazzare sulle strade d’Irpinia, e mai scelta fu più azzeccata. Dopo il selfie lampo si riparte immediatamente ed ora c’è da attraversare tutta la Baronia cominciando da San Sossio dove approfitto per un rapido rifornimento di miscela grazie alle inseparabili banconote da 5 euro che un vespista non deve mai farsi mancare in tasca ogni volta che si sposta. Faccio di nuovo il conteggio mentale di quanti km posso percorrere (ho sempre il galleggiante rotto) e penso che posso tranquillamente arrivare fino al traguardo di questa giornata… anche se non so ancora bene quale sarà. San Nicola Baronia arriva come la manna dal cielo. Ad attenderci in piazza uno splendido falò dove mi catapulto senza nemmeno togliere il casco e che mi scongela le gambe che sono la parte del corpo che di più sta accusando il freddo. C’è anche un caro amico anche lui impegnato nella promozione e valorizzazione del territorio irpino in tutte le sue sfaccettature e riabbracciarlo è sempre un piacere. Infine c’è il bar della piazza dove ci viene offerta una sambuca e sarà la prima di una serie di “cicchetti” che da qui in avanti renderanno più calorosa l’accoglienza e faranno salire il grado alcolico rendendo ancor più morbide e filanti le curve di questa notte straordinaria. Ora Castel Baronia e la loro Madonna delle Fratte, l'icona mariana più antica della provincia e poi Carife. Ci fermiamo in un bar che all’interno ha anche un forno e stanno facendo il pane e tra il profumo e il calduccio viene quasi voglia di mollare questa pazza brigata e finirla li tra le coccole di questa imprevista oasi spuntata fuori quasi per caso. Invece altro cicchetto (non ricordo nemmeno bene cosa…) e di nuovo a cavalcioni della Vespa. Leggo i nomi delle prossime tappe e rabbrividisco, stavolta non dal freddo… comincio a pensare che davvero mi manca qualche rotella. Sono ormai le 21.30 e la fredda serata irpina sta per passare la mano alla gelida notte irpina. Ci dirigiamo verso Vallata e lungo le curve dell’ennesima strada provinciale che percorriamo, al di là di una collina si intravede un bagliore ma non è il paese che stiamo per raggiungere, bensì una luna formato gigante che sta venendo fuori senza troppa fatica tra le sporadiche nuvolette che punteggiano il cielo. In piazza ad attenderci nientemeno che un intera associazione di sole donne che ci fanno accomodare nella loro sede e dopo il selfie ci rifocillano con panettoni e spumante. BURP!! Pancia piena e sempre più alticci è giunto il momento di affrontare la Cima Coppi di questa avventura. C’è da arrivare a Trevico, il Comune più alto della Campania con i suoi 1100 metri s.l.m. dove giungiamo in perfetto orario e dove in piazza ci attende un chiassoso comitato di persone ed un vento gelido che spazza cose e persone e che porta la temperatura certamente sottozero. Salta fuori una bottiglia di spumante (stranamente calda!!!) per il brindisi di rito e ormai, almeno io, probabilmente sono al limite etilico permesso. Complimenti, saluti, pacche sulle spalle e si riscende verso Vallesaccarda che non fa mancare il suo apporto e dove ci invitano ad entrare nel ristorante di fianco alla piazza dove all’interno ci attende una calata di dolci con zeppole e sfogliatelle fragranti e profumate e stavolta ad accompagnarle uno squisito liquore a liquirizia… ghiacciato!! Il contachilometri segna 330 dalla partenza e ancora non si è fatto nulla perché ora si fa davvero tosta. Bisogna raggiungere Bisaccia percorrendo la SS303 che attraversa l’altopiano del Formicoso su di un percorso con curve veloci e lunghi rettilinei in un continuo saliscendi. L’aria notturna è sempre più frizzante anche se qui su sembra giorno. La luce della luna piena, pulita e splendente, mi da una grossa mano per vedere meglio la strada visto che si fila via veloci e le due auto si dimenticano un po’ di me ma non fa nulla perché riesco ad apprezzare meglio questo inaspettato panorama notturno. Si passa a pochi metri dalle pale eoliche che volteggiano veloci e silenziose nell’aria e le luci rosse, che si accendono e spengono all’unisono, mi danno l’impressione di trovarmi in un cyborg presepe animato da questi figuranti meccanici che spuntano fuori all’improvviso curva dopo curva e che con le loro “braccia” mi spingono nella notte verso un traguardo che sento a portata di mano ma che è ancora lontano. Dopo una ventina di km (e alcuni dietrofront perché continuiamo a girare a vuoto per trovare il comitato che ci aspetta) eccoci in piazza. Ennesimo “bancariello” di accoglienza con ogni ben di dio e stavolta un the caldo. Bene, finalmente qualcosa per stemperare tutto l’alcool ingerito ma, ahimè il the è corretto al rhum!! Dopo Bisaccia è la volta di Lacedonia dove sappiamo non esserci nessuno ad aspettarci e dove troviamo un gruppo di ragazzi ad animare la piazza del paese in una notturna calcistica degna della migliore pay tv. Go Pino, ci attende Aquilonia e, signori, benvenuti all’inferno. Forse il tragitto più difficile di tutto il percorso. Siamo in leggero ritardo e per recuperare tempo ci fiondiamo giù per una interpoderale che come al solito ci sprofonda al piede di una collina tra asfalto che scompare tra terra, sassi, buche e avvallamenti in un percorso a ostacoli degno di un videogame per poi risalire con una pendenza assurda con la prima ingranata a snocciolare mentalmente un rosario senza fine che ripercorre tutto il calendario da Maria Santissima Madre di Dio (1° gennaio) a San Silvestro (31 dicembre). Fortunatamente tutti i Santi mi danno ascolto e giungo in cima alla collina indenne con le prime luci del paese che mi danno il benvenuto. Ma ancor più sorprendente è quello che ci aspetta in piazza dove mezzo paese è per le strade e si diverte su di una splendida pista di pattinaggio sul ghiaccio, ed è ormai mezzanotte. Non c’è tempo, il fischietto di Sirio, che è il segnale della partenza, suona inesorabile dopo i fatidici otto minuti e ci ritroviamo alla ricerca della strada per Monteverde, il paese più distante dal capoluogo (120 km). Anche questi sono luoghi visitati tante volte e so perfettamente dove andare. Ci attende un altro tratto di strada infame ma senza dubbio affascinante. Il percorso più rapido per giungere alla prossima mèta è quello che prevede il passaggio per Carbonara, il vecchio paese di Aquilonia distrutto completamente dal terremoto del luglio 1930. Per arrivarci si imbocca la strada di fianco al cimitero e già questo crea una certa inquietudine, ma quando dopo un paio di km si arriva tra le case in rovina di quel paese fantasma avvolto nel buio e nel silenzio la suggestione prende il sopravvento e tra i ruderi illuminati solo dalle luci dei fari sembra di scorgere “qualcosa” o “qualcuno”, anche se poi capisci che erano solo le ombre dei rami degli alberi che si animavano veloci nell’oscurità…. O forse no. Con il cuore che palpita per quell’inatteso intermezzo inizia la discesa (tremenda tra buche e brecciolino) verso il lago di San Pietro, altra perla dell’Irpinia. Solo 13 km (ma sembra 130) e siamo nella piazza del paese avvolto nel silenzio più totale dove ad attenderci nel bar, tenuto aperto per il nostro arrivo, troviamo il sindaco e altre persone che non hanno parole per complimentarsi con la combriccola (e dove viene consumato l’ennesimo trinka trinka a base, mi pare, di caffè borghetti). Il roadbook dice Calitri come prossima e ultima tappa di questa pazza cavalcata ed io salgo per l’ennesima volta in sella con la navigata consapevolezza che questi ultimi 25 km saranno poco più che una passeggiata lungo l’Ofantina, una strada comoda e veloce che mi porterà al meritato riposo. Mai pensiero e sensazione furono più errati. Il tragitto è un vero e proprio tormento. La strada corre tra il fiume Ofanto e il Lago di Conza e la temperatura gelida condita con l’elevata umidità creano le condizioni ideali per una nebbiolina che prende corpo velocemente e ti penetra fino al midollo osseo trapassando tutti gli starti di abiti che ho addosso. La condensa sulla visiera si fa sempre più persistente e non riesco a tirarla via passandoci sopra i guanti ormai inzuppati fradici. A tratti non vedo praticamente nulla e mi oriento con le luci della machina che mi precede. Il cartello con la scritta del paese giunge inaspettato come un premio Oscar e ad attenderci ci sono due angeli custodi che, dopo la rituale foto, ci scortano fino alla sede della loro associazione dove affianco ad un bel focherello che arde nel camino c’è un pentolone di acqua calda che attende il tuffo di un kg di spaghetti che al nostro arrivo vengono calati e verranno divorati alle 3 di notte dopo 19 ore passate per strada e 416 km percorsi attraversando 39 Comuni. Di li a poco tutti a nanna ed il sacco a pelo sembra davvero la suite di un hotel 5 stelle. Buonanotte… tra 4 ore si riparte.
La notizia di questa iniziativa la apprendo solo una decina di giorni prima della partenza. Il tam tam è sempre quello di facebook da cui escono le informazioni dei quotidiani on line e, in mezzo alla selva di notizie che affollano le pagine il 27 novembre spicca “60 ore, 118 comuni, 936 Km: 3 giorni in viaggio per restituire l’Irpinia a Mamma Avellino”. Quando si parla di ore e km le antenne mi si drizzano sempre, per non parlare poi di quando leggo la scritta Irpinia!! Insomma il giusto mix per me e la mia Sammy. Chi è Sammy?
Samantha è la mia “signorina” che da 3 decenni porta in giro me e la mia vita. Una Vespa PX125Arcobaleno, e già in quell’ ”arcobaleno” era scritto un destino che però all’età di 13 anni ancora non afferravo. Sammy per me è una di famiglia, lasciatami in eredità da mia sorella che per inseguire i suoi sogni non ha esitato a mollare tutti e tutto compresa la Vespa… per fortuna!! Purtroppo per Sammy però a me le cose piace usarle e viverle, ecco perché lei è un po’ “malandata” e le uniche amorevoli cure cerco di dedicarle al suo cuoricino di 125 cc che batte alla grande e non si ferma davanti a niente.
Ok, non voglio tediarvi con queste smancerie familiari, non è il luogo adatto, anche perché c’è ben altro da raccontare….. Dicevo della notizia letta su FB e dell’entusiasmo frenetico che subito mi ha invaso… Seduto su una dura sedia di plastica già avevo ben chiaro tutto nella mia mente. Stavolta l’occasione per poggiare il sedere sul sellino e percorre tutti quei 936 km non me la facevo sfuggire. Da direttore turistico quale sono, ho immediatamente contattato il Presidentissimo del mio ipersuperefficiente Vespa club che con ancor maggiore entusiasmo ha contattato in via ufficiale lo staff del Pino Irpino e ci siamo ritrovati con le ruote immerse fino al mozzo in questa avventura.
Ma come spesso accade, l’entusiasmo iniziale poi con il passare dei giorni si affievolisce perché si comincia a pensare a tante cose: l’aspetto economico, la famiglia, le condizioni meteo, le condizioni della Vespa… e proprio queste creano i maggiori dubbi perché la mia ha diversi problemini: in quarta non è proprio un fulmine, ha problemi all’impianto elettrico che le fanno accusare sbalzi di tensione che affievoliscono quasi a zero la luce del faro anteriore e, dulcis in fundo, ha l’indicatore del carburante che non funziona.
Ok, meglio rinunciare, starò al calduccio degli affetti familiari a preparare l’albero di natale in quei giorni….
Però…. sarebbe bello cazzo…. Ma il tempo… e se piove??? Beh mi bagno… si ma, la strada scivolosa.. si rischia, una caduta, una sbandata… beh dai tanto andrò piano, e poi così bardato che vuoi che accada, magari nemmeno un graffio… e se la Vespa mi molla?? Vabbè in un modo si farà… eh ma a casa che diranno… se ne faranno una ragione…. Ok dai, allora mi sembra tutto apposto… posso andare !!
Parte così la macchina dell’organizzazione ma si deve far conciliare il tempo con tutti gli altri impegni e questo fa si che il tempo passi senza organizzare un bel niente. Poi ci si mette anche il fatto che, una sera, il faro smette completamente di funzionare. Ahia, brutto segnale, mi sa che davvero si resta a casa. Provo chiaramente la cosa più semplice: cambiare la lampadina ma dopo la sostituzione non si accende la luce abbagliante che però miracolosamente resuscita dopo due cazzotti dati sul corpifaro. Ma posso sperare di fare 936 km e risolvere i problemi a cazzotti?? E poi sto cavolo di tempo che non accenna a migliorare e ormai siamo a giovedì.
Provvedo a visionare un po’ gli indumenti per la pioggia e capisco che forse devo trovare altro se voglio sperare di non inzupparmi alle prime gocce d’acqua, così chiedo aiuto all’ottimo Nicola, redivivo biker, che mi risolve in un secondo la situazione. Bene, ora pensiamo a tutto il resto. Ho bisogno di luce supplementare e chi meglio del mio Made in China può sbrogliare la matassa?? Due splendide lampade a LED con tanto di calamita nella parte posteriore da posizionare sullo scudo della Vespa…. Certo sembra un albero di Natale ma ci può stare, il Pino Irpino ne sarà felice. Il venerdì sera metto a punto gli ultimi dettagli e verso le 22 Samantha è in assetto di viaggio ma fuori piove.
Sabato mattina sono sveglio di buon ora, ha smesso di piovere da poco e il tempo sembra migliorare. Ok, mi preparo e alle 7.30 sono in sella in direzione di Piazza Libertà. Arrivato sul posto cerco traccia dei ragazzi e trovo il furgoncino con attaccata la locandina dell’iniziativa. Loro sono davanti al bar all’angolo del corso e mi sembrano su di giri al massimo. Mi faccio coraggio e mi avvicino. Sono sempre stato un timido e loro sono in otto tutti più giovani di me e sicuramente affiatatissimi. Giusto il tempo delle presentazioni, due battute sulla bellezza straordinaria della loro iniziativa e già si parte. L’itinerario va rispettato al minuto perché in ogni paese ci aspettano i vari comitati di accoglienza e sarebbe brutto farli attendere. La prima tappa è Prata Principato Ultra che raggiungiamo passando per Arcella, quindi immergendoci in una nebbiolina umidiccia che mi infradicia tutto già dai primi km. Fortunatamente appena inizia la salita spunta un pallido sole che mi fa ben sperare. Giunti a Prata inizia la caciara capitanata dall’ottimo Francesco/Bubba che con il suo megafono invita i pratesi ad avvicinarsi allo striscione IRPINIA TI VOLGIO BENE per il primo di una lunga serie di selfie. L’unico che riusciamo a convincere è un ragazzino delle scuole elementari che timidamente si avvicina mentre il fratellino se la svigna a gambe levate dentro casa. Tempo di uno scatto, una veloce ripresa e siamo di nuovo in marcia verso Pratola Serra. I tragitti da percorrere sono molto brevi e questo per me e la Vespa è un vantaggio non da poco anche se, ad ogni tappa ho il rituale della vestizione/vestizione di guanti-casco-cappuccio-sciarpa che mi porta via secondi preziosi ma che nelle ultime tappe eseguirò a tempo di pit stop da Formula 1. A pratola tutt’altra storia: ci aspettano e sono tanti con tanti regali da caricare sul furgone per riempire questa straordinaria slitta di Babbo Natale della solidarietà. Neanche il tempo di pensare e le ruote si dirigono in direzione di Tufo dove arriviamo puntuali alle 8.51 e lo staff riceve in dono, oltre a tutto ciò destinato alla causa, anche qualche bottiglia di vino “ad uso personale”. Alla fine la “cantina” risulterà ben fornita e sarà un valido alleato nei momenti di “arsura”. Ancora si procede, stavolta verso Santa Paolina ma l’ottimo Sirio, autista e metronomo della spedizione, non conosce la strada così mi invita a precedere la carovana. Altra tappa altro vino e l’allegria di persone mai viste in vita mia che mi mostrano tutta la loro cordialità e ospitalità. Grazie ma dopo 8 minuti è già ora di salutare ed andar via, questo è il leit motiv della maratona ed io l’ho sposato in toto. Per arrivare a Montefusco la strada comincia ad inerpicarsi. Siamo in uno dei paesi più belli dell’Irpinia, antico capoluogo di provincia, ricco di storia e monumenti. Meriterebbe ben altro tempo da dedicargli ma non è questa l’occasione. L’anfitrione del gruppo, Luca il cameraman, mi chiede di poter montare in Vespa per qualche ripresa. Non ci sono problemi e questo episodio ma da fiducia sul fatto che sto conquistando un po’ di stima da parte loro. Anche Montefusco risponde alla grande e ci accingiamo a raggiungere Motemiletto ed io sono ancora in testa alla carovana perché c’è da bypassare il ponte interrotto sulla statale ed io so come fare per non perdere tempo e guadagnarmi qualche pacca sulla spalla da parte dei miei compagni di viaggio. Poi di volata a Torre le Nocelle dove facciamo irruzione nella palestra della scuola interrompendo un convegno sull’ambiente a cui un nugolo di bambini stava (secondo me svogliatamente) partecipando e che non si fanno pregare quando si tratta di gridare il canonico IRPINIA TI VOGLIO BENE. Ora le ruote si dirigono verso Pietradefusi dove è in corso il mercatino domenicale e dove finalmente il sole comincia a riscaldarsi a livelli accettabili asciugando un po’ i panni e le ossa. Nella piazza in cui ci fermiamo si apre uno splendido panorama a perdita d’occhio con un cielo azzurro e limpido che fa ben sperare per il resto della giornata. Ad ogni tappa continuo a vedere tanti tanti giovani ma anche dei simpatici vecchietti impegnati ad occupare le panchine pubbliche visto che la giornata è davvero bella per essere il sei dicembre. È la volta di Venticano dove troviamo un vero e proprio buffet ma accade anche un piccolo incidente diplomatico che non turba affatto lo spirito del gruppo ma che rafforza la consapevolezza di star facendo qualcosa di speciale e che forse qualcuno è un po’ invidioso di ciò. Mirabella Eclano non ha referenti per il Pino ma in uno slargo del paese troviamo un folto gruppo di ragazzi. “Aspettate il Pino Irpino?” “No!!” … però poi il selfie collettivo se lo fanno lo stesso. Go Pino go e stavolta arriviamo a Gesualdo nella piazzetta su cui si staglia maestoso uno dei castelli d’Irpinia e dove un’altra associazione è già al lavoro nella sua gara di solidarietà. Quale connubio migliore…Villamaina ci accoglie con un gruppo di giovanissimi armati di sorrisi, regali e una scorta di merendine per rifocillare queste trottole impazzite che ormai da quasi tre ore stanno mettendo a soqquadro le strade e le piazze dei paesi attraversati, e intanto il tam tam sulla rete prende sempre più forma. Ringrazio i giovani ma tiro fuori un panino che divoro all’istante. La birra non faccio in tempo a berla e così la sorseggio in Vespa mentre ci dirigiamo verso Frigento. Sarà la strada, sarà la birra, sarà l’entusiasmo che sale ad ogni km sempre di più, fatto sta che mi faccio prendere dall’euforia e sorpasso tutti su una serie di curve veloci che conducono al bivio per Frigento che mi sbuca davanti in una curva e mi costringe ad una frenata fumante che mi fa sbandare senza però cadere anche se mi perdo lo zaino prontamente recuperato dagli altri. Ok ok, chiaro, l’imprevisto è dietro l’angolo, quindi occhi aperti metro dopo metro. Dopo il rituale selfie si procede verso la sede di una delle associazioni che hanno aderito al progetto per scaricare la prima furgonata di doni e siamo appena alla 13esima tappa. Questo ci fa tirare un po’ il fiato dopo i primi 100 km percorsi e mi fa vedere vicino il mio primo traguardo che è quello di Grottaminarda dove ormai da quattro anni mi sento a casa perché è la sede del mio Vespa Club LEONI ROSSI magistralmente presieduto da Enrico La Manna, appassionato vespista dal cuore d’oro. In piazza c’è la solita caciara con la gemellino della mia Sammy laconicamente ferma a causa di altri impegni del suo “cavaliere” e la poliedrica Ape 50 che, a seconda delle occasioni, diventa carroscopa, banchetto per friggere i “pizzilli” e quant’altro ci si possa inventare per trascorrere pazze giornate in compagnia dei Leoni Rossi. Sono stato invitato a pranzo dal presidente e anche se mi sembra di fare un torto al resto della combriccola non posso rifiutare ma mi riprometto di essere puntuale per ripartire. Così alle 13.50 mi ripresento più carico di prima. Sono consapevole che da qui a poche ore comincerà la parte più impegnativa di questa avventura perché il sole comincia a scendere ed il suo calore è notevolmente diminuito e tra pochi km l’oscurità la farà da padrone. Arriviamo a Bonito dove nel chiostro del Comune (credo) ci attende un bel po’ di gente che prima di ripartire consegna allo staff una pergamena ricordo. Grazie, grazie a tutti ma dobbiamo scappare verso Melito dove ci dirigiamo attraversando stradine interpoderali in un saliscendi da montagne russe che ci sprofonda ai piedi dei valloni per poi riportarci su su su fino in paradiso. E proprio in una di queste discese ci fermiamo per scattare qualche foto su un panorama che si apre a strapiombo davanti a noi e con alle spalle nuvolosi neri che si addensano minacciosi. Sono le 14.50, orario un po’ anomalo e infatti nelle strade di Melito non c’è nessuno se non il canonico bar aperto all’interno del quale viene scattata la foto di rito. Ariano Irpino (811 m s.l.m) ci accoglie in piazza insieme ai mercatini di Natale, un bel po’ di bambini incuriositi e un terzetto di Babbo Natale in gonnella che non guasta mai. Poi è la volta di Montecalvo e Casalbore, due dei pochi paesi in cui ancora non ho posato le ruote in Irpinia e che provvedo a depennare dalla lista dei comuni mai toccati. Proprio lungo questo tragitto ci fermiamo per scattare qualche foto al tramonto. Siamo sul ponte sul fiume Miscano sulla SS414 ed il sole basso fa allungare le nostre ombre all’infinito dietro di noi sui campi di terra battuta di un colore marrone chiaro su cui si alterna il chiaroscuro di luci ed ombre dettato dalle colline circostanti che stemperano il loro profilo contro un cielo che ormai spegne la propria luminosità. Controllo il roadbook dell’amico Sirio e la prossima tappa prevede Greci lungo il tragitto della SS90 che si inerpica sui colli irpini. Strada a scorrimento veloce per me che cerco di tenere il passo delle auto ma resto inesorabilmente indietro mentre ormai l’oscurità mi avvolge. I ragazzi se ne accorgono e rallentano (di poco) la loro corsa dandomi il tempo di recuperare e giunti in paese, dove troviamo una folta delegazione ad attenderci, decido di sfoderare il mio kit di luci supplementari che ora mi danno un po’ di tranquillità in più dopo gli ultimi 20 km di inquietudine. Sono appena le 17.00 e la fine della prima giornata è per l’ 01.27!! Scendiamo da Greci in direzione di Montaguto ancora lungo il tragitto della SS90 che in diversi punti è interrotta e deviata a causa di frane e smottamenti che hanno messo in ginocchio la mobilità degli abitanti di questa zona. Ci attende un nutrito e chiassoso gruppo di persone e ora inizia a far veramente freddo con un vento gelido che spazza la piazzetta del paese e i vicoletti circostanti visto che ormai viaggiamo costantemente sui 700 m s.l.m. Si torna indietro lungo lo stesso tragitto e ci dirigiamo verso Savignano Irpino dove riceviamo la nostra dose di doni e complimenti. Per raggiungere Scampitella si devono percorrere una ventina di km. Ormai l’oscurità è totale e la minicarovana viaggia rapidamente con la macchina dei ragazzi che mi precede con gli antinebbia posteriori accesi, io dietro di loro e il furgoncino con Andrea e Francesco alle mie spalle. L’oscurità impedisce di vedere i panorami circostanti ma gli odori arrivano tutti e siamo in prossimità di una delle tante discariche che punteggiano questa zona dell’Irpinia. Viaggiare su due ruote non è come viaggiare in auto per tanti motivi. Uno di quelli che maggiormente preferisco è il fatto che ti accorgi di molte più cose che sfilano affianco a te lungo le strade e cogli molti più odori dei luoghi che attraversi passando da quello del letame a quello di “cucinato” a quello di stantìo che giunge dai muri ammuffiti delle vecchie case e che mi ricordano l’odore sentito per settimane lungo i vicoli sbriciolati del centro storico di Avellino nei giorni del post terremoto del 1980 e che avevo rimosso dalla mia memoria olfattiva. Sconfiniamo per un bel tratto in Puglia prima di giungere al centro del paese dove ci attendono al riparo di una pensilina di fermata autobus. Siamo saliti ancora (775 m slm) ma il calore di questa gente e il ricco buffet che ci hanno preparato (con una deliziosa crostata di frutta) non fa avvertire ne il freddo ne la stanchezza, e ormai sono in Vespa da quasi 11 ore con circa 300 km percorsi. Grazie Scampitella. Saluti e baci e di volata verso Zungoli lungo tornanti che ho imparato a conoscere bene e che so essere abbastanza insidiosi. Anche qui è un po’ come essere a casa visto che ad agosto come Vespa club Leoni Rossi siamo di stanza con la nostra manifestazione “Dal tramonto all’alba” che si affianca allo ZIF, festival musicale mangereccio che si tiene in paese. Ci dirigiamo verso il luogo dell’appuntamento e troviamo una scatenata comitiva che va da 0 a99 anni con tanti di quei pacchi che non sappiamo più dove metterli.
Giusto il tempo di svuotare per l’ennesima volta il furgoncino, tirare un po’ il fiato e ancora via in direzione Villanova del Battista. Poi è la volta di Flumeri che per me è un po’ un punto di svolta. Sono le 20.20 e devo decidere se andare avanti ed affrontare il tratto più duro e impegnativo di questa giornata o dirigermi verso Grottaminarda che da qui è ad un tiro di schioppo dove mi attende una confortevole stanzetta per passare la notte a casa del Presidente. In una frazione di secondo decido di andare avanti consapevole che ora la prossima mèta è necessariamente Calitri all’1.27 di notte, quindi altre 5 ore by night a scorrazzare sulle strade d’Irpinia, e mai scelta fu più azzeccata. Dopo il selfie lampo si riparte immediatamente ed ora c’è da attraversare tutta la Baronia cominciando da San Sossio dove approfitto per un rapido rifornimento di miscela grazie alle inseparabili banconote da 5 euro che un vespista non deve mai farsi mancare in tasca ogni volta che si sposta. Faccio di nuovo il conteggio mentale di quanti km posso percorrere (ho sempre il galleggiante rotto) e penso che posso tranquillamente arrivare fino al traguardo di questa giornata… anche se non so ancora bene quale sarà. San Nicola Baronia arriva come la manna dal cielo. Ad attenderci in piazza uno splendido falò dove mi catapulto senza nemmeno togliere il casco e che mi scongela le gambe che sono la parte del corpo che di più sta accusando il freddo. C’è anche un caro amico anche lui impegnato nella promozione e valorizzazione del territorio irpino in tutte le sue sfaccettature e riabbracciarlo è sempre un piacere. Infine c’è il bar della piazza dove ci viene offerta una sambuca e sarà la prima di una serie di “cicchetti” che da qui in avanti renderanno più calorosa l’accoglienza e faranno salire il grado alcolico rendendo ancor più morbide e filanti le curve di questa notte straordinaria. Ora Castel Baronia e la loro Madonna delle Fratte, l'icona mariana più antica della provincia e poi Carife. Ci fermiamo in un bar che all’interno ha anche un forno e stanno facendo il pane e tra il profumo e il calduccio viene quasi voglia di mollare questa pazza brigata e finirla li tra le coccole di questa imprevista oasi spuntata fuori quasi per caso. Invece altro cicchetto (non ricordo nemmeno bene cosa…) e di nuovo a cavalcioni della Vespa. Leggo i nomi delle prossime tappe e rabbrividisco, stavolta non dal freddo… comincio a pensare che davvero mi manca qualche rotella. Sono ormai le 21.30 e la fredda serata irpina sta per passare la mano alla gelida notte irpina. Ci dirigiamo verso Vallata e lungo le curve dell’ennesima strada provinciale che percorriamo, al di là di una collina si intravede un bagliore ma non è il paese che stiamo per raggiungere, bensì una luna formato gigante che sta venendo fuori senza troppa fatica tra le sporadiche nuvolette che punteggiano il cielo. In piazza ad attenderci nientemeno che un intera associazione di sole donne che ci fanno accomodare nella loro sede e dopo il selfie ci rifocillano con panettoni e spumante. BURP!! Pancia piena e sempre più alticci è giunto il momento di affrontare la Cima Coppi di questa avventura. C’è da arrivare a Trevico, il Comune più alto della Campania con i suoi 1100 metri s.l.m. dove giungiamo in perfetto orario e dove in piazza ci attende un chiassoso comitato di persone ed un vento gelido che spazza cose e persone e che porta la temperatura certamente sottozero. Salta fuori una bottiglia di spumante (stranamente calda!!!) per il brindisi di rito e ormai, almeno io, probabilmente sono al limite etilico permesso. Complimenti, saluti, pacche sulle spalle e si riscende verso Vallesaccarda che non fa mancare il suo apporto e dove ci invitano ad entrare nel ristorante di fianco alla piazza dove all’interno ci attende una calata di dolci con zeppole e sfogliatelle fragranti e profumate e stavolta ad accompagnarle uno squisito liquore a liquirizia… ghiacciato!! Il contachilometri segna 330 dalla partenza e ancora non si è fatto nulla perché ora si fa davvero tosta. Bisogna raggiungere Bisaccia percorrendo la SS303 che attraversa l’altopiano del Formicoso su di un percorso con curve veloci e lunghi rettilinei in un continuo saliscendi. L’aria notturna è sempre più frizzante anche se qui su sembra giorno. La luce della luna piena, pulita e splendente, mi da una grossa mano per vedere meglio la strada visto che si fila via veloci e le due auto si dimenticano un po’ di me ma non fa nulla perché riesco ad apprezzare meglio questo inaspettato panorama notturno. Si passa a pochi metri dalle pale eoliche che volteggiano veloci e silenziose nell’aria e le luci rosse, che si accendono e spengono all’unisono, mi danno l’impressione di trovarmi in un cyborg presepe animato da questi figuranti meccanici che spuntano fuori all’improvviso curva dopo curva e che con le loro “braccia” mi spingono nella notte verso un traguardo che sento a portata di mano ma che è ancora lontano. Dopo una ventina di km (e alcuni dietrofront perché continuiamo a girare a vuoto per trovare il comitato che ci aspetta) eccoci in piazza. Ennesimo “bancariello” di accoglienza con ogni ben di dio e stavolta un the caldo. Bene, finalmente qualcosa per stemperare tutto l’alcool ingerito ma, ahimè il the è corretto al rhum!! Dopo Bisaccia è la volta di Lacedonia dove sappiamo non esserci nessuno ad aspettarci e dove troviamo un gruppo di ragazzi ad animare la piazza del paese in una notturna calcistica degna della migliore pay tv. Go Pino, ci attende Aquilonia e, signori, benvenuti all’inferno. Forse il tragitto più difficile di tutto il percorso. Siamo in leggero ritardo e per recuperare tempo ci fiondiamo giù per una interpoderale che come al solito ci sprofonda al piede di una collina tra asfalto che scompare tra terra, sassi, buche e avvallamenti in un percorso a ostacoli degno di un videogame per poi risalire con una pendenza assurda con la prima ingranata a snocciolare mentalmente un rosario senza fine che ripercorre tutto il calendario da Maria Santissima Madre di Dio (1° gennaio) a San Silvestro (31 dicembre). Fortunatamente tutti i Santi mi danno ascolto e giungo in cima alla collina indenne con le prime luci del paese che mi danno il benvenuto. Ma ancor più sorprendente è quello che ci aspetta in piazza dove mezzo paese è per le strade e si diverte su di una splendida pista di pattinaggio sul ghiaccio, ed è ormai mezzanotte. Non c’è tempo, il fischietto di Sirio, che è il segnale della partenza, suona inesorabile dopo i fatidici otto minuti e ci ritroviamo alla ricerca della strada per Monteverde, il paese più distante dal capoluogo (120 km). Anche questi sono luoghi visitati tante volte e so perfettamente dove andare. Ci attende un altro tratto di strada infame ma senza dubbio affascinante. Il percorso più rapido per giungere alla prossima mèta è quello che prevede il passaggio per Carbonara, il vecchio paese di Aquilonia distrutto completamente dal terremoto del luglio 1930. Per arrivarci si imbocca la strada di fianco al cimitero e già questo crea una certa inquietudine, ma quando dopo un paio di km si arriva tra le case in rovina di quel paese fantasma avvolto nel buio e nel silenzio la suggestione prende il sopravvento e tra i ruderi illuminati solo dalle luci dei fari sembra di scorgere “qualcosa” o “qualcuno”, anche se poi capisci che erano solo le ombre dei rami degli alberi che si animavano veloci nell’oscurità…. O forse no. Con il cuore che palpita per quell’inatteso intermezzo inizia la discesa (tremenda tra buche e brecciolino) verso il lago di San Pietro, altra perla dell’Irpinia. Solo 13 km (ma sembra 130) e siamo nella piazza del paese avvolto nel silenzio più totale dove ad attenderci nel bar, tenuto aperto per il nostro arrivo, troviamo il sindaco e altre persone che non hanno parole per complimentarsi con la combriccola (e dove viene consumato l’ennesimo trinka trinka a base, mi pare, di caffè borghetti). Il roadbook dice Calitri come prossima e ultima tappa di questa pazza cavalcata ed io salgo per l’ennesima volta in sella con la navigata consapevolezza che questi ultimi 25 km saranno poco più che una passeggiata lungo l’Ofantina, una strada comoda e veloce che mi porterà al meritato riposo. Mai pensiero e sensazione furono più errati. Il tragitto è un vero e proprio tormento. La strada corre tra il fiume Ofanto e il Lago di Conza e la temperatura gelida condita con l’elevata umidità creano le condizioni ideali per una nebbiolina che prende corpo velocemente e ti penetra fino al midollo osseo trapassando tutti gli starti di abiti che ho addosso. La condensa sulla visiera si fa sempre più persistente e non riesco a tirarla via passandoci sopra i guanti ormai inzuppati fradici. A tratti non vedo praticamente nulla e mi oriento con le luci della machina che mi precede. Il cartello con la scritta del paese giunge inaspettato come un premio Oscar e ad attenderci ci sono due angeli custodi che, dopo la rituale foto, ci scortano fino alla sede della loro associazione dove affianco ad un bel focherello che arde nel camino c’è un pentolone di acqua calda che attende il tuffo di un kg di spaghetti che al nostro arrivo vengono calati e verranno divorati alle 3 di notte dopo 19 ore passate per strada e 416 km percorsi attraversando 39 Comuni. Di li a poco tutti a nanna ed il sacco a pelo sembra davvero la suite di un hotel 5 stelle. Buonanotte… tra 4 ore si riparte.