É un mese di maggio molto strano. Piovoso, freddo, con venti che soffiano impetuosi dalla mattina alla sera. Ma questa domenica sembra esserci uno spiraglio di tregua. Avevo previsto un altro tipo di viaggio per questo weekend ma poi, per un motivo o per un altro, e anche a causa del maltempo, ho deciso di restare a casa. Per modo di dire... perchè poi, domenica, non ho resistito alla tentazione di girare, per l'ennesima volta, per la Provincia, come una trottola. Una trottola che però sa bene dove andare, a parte gli inevitabili tratti in cui davvero smarrisci la direzione e speri che spunti Sirio o qualche altro “Pino” a fartela ritrovare. Ma non siamo in dicembre, quella è un'altra storia, questa giornata è in solitaria, ma non in solitudine. La strada pullula di gente, di storie, di cose da vedere e cose da fare, se solo hai la voglia di viverla, non di percorrerla. Per questa domenica l'idea è abbastanza semplice. In previsione della riapertura della tratta ferroviaria Avellino/Rocchetta Sant'Antonio il prossimo 26 maggio, ho intenzione di capire quali possono essere i posti più suggestivi dove godersi lo spettacolo della locomotiva a vapore che sferraglia sul binario della storica linea. In verità so perfettamente quali sono, e non è che sia un gran mistero, ma sono convinto che lungo il tragitto si nascondo ancora tante sorprese. Il punto di partenza “ferroviario” non può che essere il ponte in mattoni a sedici arcate sul fiume Sabato ad Atripalda. Imponente, visto da sotto fa un po' paura pensare che il treno passi lassù, sospeso, in curva, senza alcuna protezione laterale. Mi ricorda un po' la storiella del calabrone che secondo le leggi della fisica non potrebbe volare e invece.... Da li mi dirigo verso il secondo grande appuntamento: Ponte Principe. C'è da arrivare a Lapio e preferisco farlo passando per San Potito Ultra, Parolise e Chiusano San Domenico, ma non lungo l'Ofantina vecchia bensì sulla vecchia Provinciale sconcia e malmessa. Da Chiusano si riprende l'Ofantina e si giunge a Lapio lungo la SP88 che conduce fin sotto il ponte ferroviario che, in maestoso silenzio, attende giorni migliori. Perdo una buona ventina di minuti a curiosare in luoghi che ormai conosco bene ma che non finiscono mai di sorprendere. Da li si risale in direzione di Taurasi lungo la SP215 che interseca la SP57 proprio prima di entrare nel paese del d.o.c.g. Irpino per eccellenza. Quest'ultima strada torna praticamente indietro rispetto alla precedente e mette in una posizione di vista privilegiate verso il ponte che si vede un po' più lontano ma anche più dall'alto nella sua magnificenza, contornato dalle colline ricoperte dai filari di vigne ordinati manco li avessero fatti con le squadrette (ammesso che ancora si usino). Mi fermo spesso lungo questi pochi km. La giornata è splendida e fredda come mai provato a maggio e quasi rimpiango i miei bei guanti imbottiti e lo scaldacollo. Poco più avanti la strada si biforca. Sulla destra, scendendo, si raggiunge la stazione di Taurasi e li vicino c'è un altro bel ponte in ferro molto basso rispetto alla strada e sicuramente il treno sembrerà di averlo addosso. Sulla sinistra invece si prosegue per Luogosano ed io imbocco questa strada che mi porta dritto dritto all'azienda vitivinicola Cav. Pepe, egregiamente gestita da Milena. Mi fermo nei pressi del cancello d'ingresso per scattare qualche altra bella foto e prima di ripartire mi affaccio sul piazzale dove ci sono parcheggiate diverse decine di Vespe. Beh, a questo punto salutiamo i “colleghi” tanto la giornata è ancora molto lunga. É il Vespa club Benevento che ha organizzato una bella giornata con visita in cantina e pranzo li nei dintorni. Appena entrato incontro l'amico di “curva” Giuseppe e dopo aver salutato Milena, che gentilmente mi invita ad assistere alla degustazione, ci accomodiamo nella sala dove la padrona di casa ci intratterrà per un ora facendoci assaggiare ben sette sue produzioni e narrandoci tutto ciò che può sul nettare di Bacco. Intanto, poco prima di iniziare ha fatto capolino tra i commensali anche Piero che riabbraccio sempre con affetto. Alle 13 siamo liberi di riprendere aognuno la sua strada e Piero, gentilmente, mi accompagna lungo quella che mi porterà fino a Paternopoli per poi raggiungere Castelfranci e scendere a Ponteromito dove la linea ferroviaria costeggia per un lungo tratto la strada. Poco fuori Ponteromito una piccola deviazione conduce ad un passaggio a livello al km 40,595 e li reputo che sia un altro dei posti più belli dove veder passare il convoglio. Scopro che è anche la casa di Annalisa, innamorata anche lei dei binari di questa linea e faccio la conoscenza di Antonio e di una bella fetta d'ananas che mi viene offerta mentre chiacchieriamo. Sono ormai le14,10 e nel mio stomaco c'è solo vino, quindi ben venga un po' di frutta. Riparto in direzione di Cassano e imbocco l'Ofantina. Subito dopo la rampa di immissione c'è un altro punto privilegiato per fotografare il treno (avevi ragione Pietro). Percorro l'arteria fino all'uscita di Nusco e da li riprendo la Provinciale 154 che costeggia la ferrovia dando l'impressione di poterla toccare in alcuni tratti. C'è la stazioncina di Campo di Nusco, ben tenuta, nel nulla quasi totale e poi la strada prosegue fino ad immettersi sulla Ex SS400 di Castelvetere che conduce dritti dritti a Lioni e all'unica stazione presenziata della tratta ferroviaria. Fin qui ho calcolato chilometri e tempi di percorrenza per vedere se sia fattibile “correre” appresso al treno, e lo è. Una breve sosta alla stazione e faccio la conoscenza di un ragazzo che mi chiede lumi sui treni in transito su quella linea perchè lui, che si è appena trasferito a Lioni, dovrà raggiungere Napoli per lavoro tutti i giorni. Gli faccio il quadro della situazione e il mio più grande in bocca al lupo. Riparto deciso a raggiungere il lago di Conza. Riprendo l'Ofantina ma dopo pochi km sono di nuovo fermo. C'è quello scorcio favoloso di rocce lì, sul lato sinistro, e ho sempre avuto il desiderio di affacciarmi da lassù per vedere scorrere il fiume in basso. Oggi ho tutto il tempo e no perdo l'occasione. Effettivamente il uogo è suggestivo, ma mi accorgo che più avanti c'è una piccola cascata e poi il rumore dell'acqua che cade...è troppo fragoroso per quella cascatella. Ancora un po' più avanti il rumore si fa più forte ma non si vede nulla. Scavalco il guard rail ma mi trovo immerso nei rovi (e nella munnezza, l'animacciavostra!!!) Il terreno è un po' impervio e non si capisce bene dove si stanno poggiando i piedi, ma c'è una flebile traccia di passaggio tra le sterpaglie che conducono fino ad uno strapiombo naturale di una ventina di metri di altezza e sulla sinistra il fiume, dopo la cascatella, fa un bel salto in una stretta gola prima di riprendere, dopo pochi metri, il suo percorso placidamente. Stupendo, se ci passate fermatevi, ma occhio!! Di nuovo in sella fino al bivio per il lago ma sbaglio a girare e mi trovo in una stradina che conduce sotto la ferrovia dove ci sono due ponti, quello in mattoni del vecchio tracciato e quello in cemento del nuovo, realizzato ai tempi della costruzione dell'invaso. Da li si ritorna sulla strada e il vento è fortissimo con i gabbiani che si divertono come i matti a restare sospesi a giocare con le folate. Il lago è “agitato”, forse mai lo avevo visto con le increspature, quasi piccole onde, ma le onde vere sono quelle del verde che mi circonda dappertutto creando sfumature di colori verdi di tutte le tonalità. Sono fermo ad osservare questo spettacolo e solo dopo qualche minuto mi accorgo che anche le vacche li intorno sono ferme ad osservare me che non ho tolto nemmeno il casco dalla testa. Proseguo lentamente fermandomi spesso perchè ad ogni metro il paesaggio cambia, anche grazie alle nuvole che corrono veloci e creano giochi di ombre sulle colline, con Cairano li in fondo pacata e maestosa come sempre. Ci sarebbe da star li fino al tramonto per godere in pieno di queste quinte sceniche che cambiano meravigliosamente in ogni attimo. Ancora più avanti, al bivio per quella stradina sconnessa e scassata che riscende verso il lago. Appena giro incontro una piccola mandria di vacche. Spengo il motore per non infastidirle e raggiungo l'ultima della fila che non mi ha sentito arrivare e procede placidamente per i fatti suoi. Quando si accorge di me si ferma e mi guarda e accenna ad una fuga continuando a guardarmi sottocchio senza vedere dove va e finendo quasi nella scarpata. Mi sento in colpa per averla spaventata ma intanto ho raggiunto il loro padrone che mi dice di passare tranquillamente e di fare attenzione perchè ci sono diversi cani randagi abbastanza incavolati li nei dintorni. Procedo con gli occhi aperti fino alla staccionata che chiude definitivamente la strada che passa in un altro dei punti privilegiati per guardare il treno. Scatto qualche foto e torno indietro fermandomi a conoscere e salutare il sig. Ennio, proprietario delle vacche che ora pascolano tranquillamente. Anche con lui faccio una bella chiacchierata interrotta perchè le vacche si sono allontanate e “....devo andare, perchè questa da sole fanno danni!” Grazie Ennio, passerò a trovarti con più calma. Si sta facendo ora di tornare verso casa, ma la regola del vespista prende il sopravvento e quindi non si fa dietro front bensì si prosegue verso Andretta. Arrivo in paese, ma proprio paesepaese, tanto da girare per gli stretti e intricati vicoletti del centro storico che ad un certo punto diventano scaloni, poi scalini, fino ad arrivare nel nulla. Giro, rigiro, fin quando, probabilmente incuriosita dal rumore insolito, una vecchina sdentata si affaccia da una porticina per vedere che succede, e sta per rientrare quando ormai sono vicino a lei. “signora, buonasera, come si fa a scendere verso la statale?” “Que è l'Annunzieet...”, “si, e come si scende verso il paese....” e mi fa un mezzo sorriso con il gesto della mano (vai, vai....). Grazie, molto utile... e davvero tenera come solo le persone anziane di paese sanno essere. Gira e rigira finalmente cenni di vita, anzi no. È il cimitero e c'è un funerale. Gente, tanta, a far capire (se ce ne fosse bisogno) che in luoghi come questi si conoscono tutti. Ho perso un bel po' di tempo ma bella Andretta, meritava. Decido di usare il navigatore per raggiungere velocemente Morra De Sanctis. Velocemente. Si. Chiaramente finisco in una di quelle interpoderali fatte solo nei momenti più duri del PinoIrpino (sempre grazie, Sirio) ma che sono anche le strade più spettacolari di questo territorio. Non arrivo a Morra, ma nel Comune di Morra, precisamente in contrada Castellari, dove in una curva spunta una graziosa chiesetta in pietra ed un bel campanile. Mi fermo, diamine, forse non saprei nemmeno tornarci, tanto vale dedicargli una visita. Si fa presto. La chiesa è quella classica campestre e li fuori ci sono tre vecchietti che mi dicono di tornare sabato e domenica prossima perchè ci sarà una grande festa in onore della Madonna, e lo capisco anche dall'enorme braciere poco distante, pronto ad essere acceso per arrostire. Ne approfitto per chiedere la strada per raggiungere Guardia dei Lombardi e altro che navigatore! Uno di loro mi spiega minuziosamente come fare (“a un certo punto trovi il cartello FRANA ma tu passa, non ti preoccupare”) ed effettivamente in men che non si dica raggiungo uno dei paesi più alti d'Irpinia e fa veramente freddo. Da li giù verso il bivio di Rocca San Felice poi di nuovo sulla Ex SS400 in direzione di Castelvetere. Cinque euro di miscela, giusto per sicurezza e poi rapidamente verso casa scendendo di nuovo da Parolise/San Potito e fino a Mercogliano. Poco meno di 200 km percorsi con l'unico fastidio del filo del freno anteriore che si è spezzato alla stazione di Taurasi e con la consapevolezza di non dover andare poi così lontano per passare una splendida giornata.
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Archivio Articoli
Gennaio 2019
|